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Indagine iniziale: 4/2002. Ultimo aggiornamento: 28/8/2005.
Indagini antibufala consultate dal 7/11/2003:
Elenco delle indagini - Pagina iniziale del sito
An e-mail petition circulating on the Internet describes the terrible conditions in which women live under the Taliban regime in Afghanistan.
The petition asks everyone to "sign" it by adding their name to the list of addresses that follows the petition and send it to the e-mail address sarabande@brandeis.edu.
The appeal is now obsolete, since the Taliban regime no longer rules Afghanistan and the e-mail address to which the petition should be seny no longer exists. It was deleted in 1999.
Links with further information (mostly in Italian) are provided below.
Con le solite varianti tipiche delle catene di sant'Antonio, il testo è grosso modo questo (ho evidenziato i concetti salienti in grassetto):
Se decidi di non inoltrare questa mail, per favore spediscila indietro a me. Questa è una petizione, ma le "firme" saranno perse se tu la lasci cadere. Per favore, prendi 3 minuti della tua vita e fai la tua parte.
Da quando i Taliban hanno preso il potere nel 1996, le donne hanno dovuto indossare il burqua e sono state picchiate e lapidate in pubblico perchè non vestivano in maniera appropriata, perfino se questo significa semplicemente non avere il velo davanti agli occhi.
Una donna è stata picchiata a morte da un gruppo di fondamentalisti per avere accidentalmente esposto il suo braccio (!) mentre stava guidando. Un'altra è stata lapidata a morte per cercare di lasciare la nazione con un uomo che non le era parente.
Alle donne non è permesso di lavorare o neanche di uscire in pubblico senza un parente maschio; le professioniste, come professoresse, traduttrici, dottoresse, avvocatesse, artiste e scrittrici sono state obbligate a lasciare il lavoro e a chiudersi in casa.
Le case dove una donna è presente devono avere le finestre verniciate così che ella non possa mai essere vista dalla gente. Esse devono vestire scarpe silenziose cosi che non siano mai sentite.
Le donne vivono nella paura delle loro vite per il più piccolo comportamento erroneo.
A causa del fatto che non possono lavorare, quelle senza parenti maschi o mariti sono alla fame o fanno l'elemosina per la strada, anche se hanno una laurea.
La depressione sta diffondendosi cosi tanto che ha raggiunto livelli di emergenza. Non c'e modo in una società Islamica così estrema di conoscere il tasso di suicidi con certezza, ma si stima che il tasso di suicidio tra le donne sia straordinariamente alto: quelle che non possono trovare medicine e trattamenti adeguati per la depressione grave e preferiscono morire che vivere in tali condizioni.
Ad uno dei pochi ospedali per donne, un giornalista ha trovato corpi immobili, quasi senza vita, distesi sui letti, avvolti nei loro burqua, senza alcuna volontà di parlare, mangiare, o fare altro, ma lasciandosi morire lentamente.
Altre sono diventate pazze e sono state viste nascoste negli angoli, dondolare continuamente o piangere, molte di esse spaventate.
Si è al punto in cui il termine "violazioni dei diritti umani" è diventato un sottinteso. I mariti hanno il potere di vita e di morte sulle loro parenti femmine, specialmente le proprie mogli, ma un qualsiasi maschio arrabbiato ha altrettanto diritto di lapidare o picchiare una donna, spesso fino alla morte, per aver scoperto due centimetri di corpo o per averli offesi nella maniera più lieve.
Le donne godevano di una relativa libertà: lavorare, vestirsi normalmente come volevano, guidare e apparire in pubblico sole, fino al 1996. La velocità di questa transizione è la ragione principale per la depressione e il suicidio; le donne che una volta erano educatrici, dottoresse o semplicemente erano abituate a libertà umane di base ora sono strettamente ristrette e trattate come subumane nel nome del fondamentalismo islamico di destra. Non è la loro tradizione o 'cultura', ma è alieno ad esse, ed è estremo perfino per quelle culture dove il fondamentalismo è la regola.
Chiunque ha diritto a una esistenza umana tollerabile, perfino se sono donne in una nazione musulmana. Se possiamo minacciare l'uso della forza militare in Kosovo nel nome dei diritti umani per il bene dell'etnia Albanese, i cittadini del mondo possono certamente esprimere pacificamente la loro rabbia nei confronti dell'oppressione, dell'assassinio e dell'ingiustizia commessa contro le donne dai Taliban.
DICHIARAZIONE:
Nel firmare questo, siamo d'accordo che l'attuale trattamento delle donne in Afghanistan è completamente INACCETTABILE e merita azioni da parte delle Nazioni Unite e che l'attuale situazione non sarà tollerata. Il diritto delle donne non è una piccola questione in alcun posto, ed è INACCETTABILE che degli esseri umani, ancora nel 2000, siano trattati come subumani e come una proprietà. Eguaglianza e decenza umana sono un DIRITTO mentale, non libertà da concedere, che si viva in Afghanistan o altrove.
[chilometrico elenco di nomi]
ISTRUZIONI: PER FAVORE COPIA questa mail su un nuovo messaggio, firmala in fondo e spediscila a tutti nella tua lista di distribuzione. Se ricevi questa lista con piu di 300 nomi, per favore spediscine una copia a:
sarabande@brandeis.edu
Anche se decidi di non firmare, per favore sii ragionevole e non uccidere la petizione.
L'appello risale almeno al 1999.
Il regime talebano non controlla più l'Afghanistan dal 2001 e l'indirizzo a cui mandare queste presunte firme è stato disattivato nel 1999.
La disattivazione dell'indirizzo, oltre che essere verificabile mandando un e-mail all'indirizzo stesso, è documentata da una pagina apposita della Brandeis University, che è un'università del Massachusetts.
La pagina, datata 10 gennaio 1999, dice:
Chain Letter Announcement (January 10, 1999)
An unauthorized mass mailing recently went out to most UNet users soliciting email to sarabande@brandeis.edu. Please do not respond in any way; the owner of that address no longer wants the mail. Due to unmanageable volume, the sarabande address has not been receiving email since January 3rd 1999, and will never be a valid email address again. postmaster@brandeis.edu will answer no more questions about this issue. Please do not initiate or propagate chain letters. For some examples of past chain letters, see
http://www.nbi.dk/~dickow/stop-chain-letter.txt
http://athos.rutgers.edu/~watrous/pbs-funding-chain-letter-petition.html
http://www.wish.org/home/frame_chainletters.htm
http://www.cancer.org/eprise/main/docroot/MED/content/MED_6_1_Chain_E-mail
Some information on effective (non-email-abuse-based) activism regarding the issues discussed in this two-year-old chain letter is available on the Feminist Majority and kabultec sites.
Per chi non è ferrato in inglese, il sunto è questo: non rispondete all'appello in alcun modo, il proprietario dell'indirizzo sarabande@brandeis.edu non desidera più ricevere questi messaggi. Questo indirizzo non riceve più posta dal 3/1/1999 e non verrà mai più riattivato.
Inoltre e più in generale, le "firme" raccolte via Internet in questo modo non hanno alcun valore e semmai si prestano ad essere raccolte dagli spammer.
Cancellatelo e non pensateci più. Se avete tempo, scrivete a chi ve l'ha mandato e ditegli che si tratta inequivocabilmente di una bufala.
Se avete qualche dettaglio o correzione da contribuire a quest'indagine antibufala, scrivetemi presso topone@pobox.com. Grazie!