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Indagine iniziale: 6/9/2002. Ultimo aggiornamento: 16/1/2023.
Una versione aggiornata e molto più ampia di questo materiale è disponibile presso Complotti lunari.
È inoltre disponibile un intero libro online gratuito dedicato all'argomento (anche in inglese).
Ci sono siti Internet, libri e video che sostengono di aver trovato le "prove" che le missioni americane che portarono all'arrivo del primo uomo sulla Luna il 20 luglio 1969 e a una serie di esplorazioni del nostro satellite conclusasi nel 1972 non sarebbero mai avvenute: sarebbero invece state simulate in uno studio cinematografico e le immagini sarebbero state usate come mezzo per combattere la propaganda sovietica.
In altre parole, secondo queste fonti, lungi dall'essere un evento storico, lo sbarco sulla Luna sarebbe il più grande inganno di tutti i tempi.
Secondo i complottisti, sarebbe andata più o meno così... un fotogramma tratto dal film "Capricorn One", in cui i cattivi tentavano di simulare l'arrivo su Marte ma venivano scoperti.
Per fortuna, la Rete è anche ben fornita di dimostrazioni che smentiscono punto per punto le "prove" trovate dai complottisti, e ci sono centinaia di libri tecnici che spiegano come sono andate realmente le cose. Tuttavia queste risorse peccano tutte di una certa prolissità, probabilmente inevitabile perché sono preparate con molto più rigore delle "prove" che devono smentire, e sono quasi sempre in inglese, per cui sono poco accessibili a chi non conosce questa lingua.
Detesto veder insultato così il lavoro, il coraggio e il sacrificio (a volte anche della vita stessa) di chi ha realizzato l'impresa più grandiosa e meravigliosa del ventesimo secolo, uno dei pochi eventi dei quali l'umanità può essere fiera senza ma e senza se. Così ho preparato questa miniguida che smonta in breve le tesi di messinscena più frequenti.
Se volete approfondire l'argomento, ho preparato un blog, Complotti lunari, nel quale le tesi lunacomplottiste sono analizzate in dettaglio e vengono raccontate in italiano la storia, la tecnologia, i retroscena umani e le chicche delle missioni spaziali.
Ho anche scritto un libro online gratuito dedicato all'argomento, che è disponibile anche in inglese).
Eh già, perché alla NASA sono così cretini che nel ricostruire in studio l'allunaggio si sono dimenticati di metterci le stelle. Ma per favore! Soltanto chi non sa nulla di fotografia o si è fatto rintronare dai complottisti può sostenere un'argomentazione così ridicola.
Le stelle non si vedono nelle foto (ma gli astronauti le vedono) sulla Luna perché non si devono vedere. E' questione di tecnica fotografica di base.
Le stelle sono fioche rispetto al suolo fortemente illuminato dal sole. Per fare le foto senza sovraesporre il suolo, bisogna chiudere molto il diaframma dell'obiettivo e far entrare poca luce. Facendo entrare poca luce, però, non si fa entrare la luce fioca delle stelle. Ergo le stelle, nelle foto della superficie lunare, non si vedono.
Se le si vuol vedere, bisogna aprire il diaframma della macchina fotografica, nel qual caso però si sovraespone il suolo (diventa tutto bianco). Solo che agli astronauti interessava fotografare il paesaggio della Luna, non le stelle, per cui hanno esposto la pellicola per il tempo che serviva per fotografare correttamente il suolo.
Se non ci credete, andate fuori di notte, quando ci sono fuori le stelle, e cercate di fotografare il panorama illuminato della città insieme alle stelle. Scoprirete che non si può. Se esponete correttamente la foto in modo da vedere i dettagli della città, le stelle scompaiono; se esponete la foto in modo da far vedere le stelle, la città è fortemente sovraesposta.
E se neppure questo vi convince, date un'occhiata alle foto fatte nello spazio dagli astronauti italiani dello Shuttle: anche lì non ci sono stelle. Anche gli italiani fanno parte del complotto?
Se volete approfondire l'argomento, c'è un articolo apposito su Complotti Lunari.
Avete mai notato che la Luna è visibile in cielo? Ebbene, è visibile perché riflette la luce. Siccome la superficie della Luna è riflettente (poco, ma comunque quanto basta a creare una gran bella Luna piena), le zone in ombra degli oggetti che si ergono sulla superficie lunare sono semplicemente rischiarate dal riverbero proveniente dalla superficie stessa.
In realtà oltre alle foto in circolazione ci sono migliaia di foto sottoesposte, sovraesposte, mosse, sfocate e mal inquadrate, che però non vengono quasi mai mostrate, proprio perché fanno schifo. Sono comunque disponibili per la consultazione: cercate su Internet alla voce "Apollo Lunar Surface Journal", oppure visitate http://www.clavius.org/photoqual.html, da cui ho tratto questi esempi:
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Gli astronauti delle prime missioni lunari avevano la fotocamera agganciata sul petto e quindi miravano "a spanne", ma usavano un obiettivo grandangolare, con il quale è difficile sbagliare la mira. Nelle missioni successive le fotocamere furono dotate di mirino e di un teleobiettivo da 500 mm, e gli astronauti potevano impugnarle e comporre agevolmente l'inquadratura.
Inoltre la forte illuminazione sul suolo lunare riduce i problemi di messa a fuoco, perche consente di chiudere molto il diaframma, cosa che (come i fotografi veri ben sanno) crea una profondità di campo, ossia un intervallo di distanze tutte contemporaneamente a fuoco, di estensione molto ampia.
Sulla Luna non c'è aria, quindi non esiste il graduale offuscamento atmosferico che ci indica che un oggetto è lontano. Inoltre non ci sono oggetti familiari (alberi, case) che diano il senso delle dimensioni. Infine, l'orizzonte sulla Luna è molto più vicino che sulla Terra, ed è a soli 2,4 km.
Di conseguenza, quelle che sembrano essere collinette vicine sono in realtà montagne situate a diversi chilometri dal punto di allunaggio, viste da punti diversi, che non cambiano aspetto appunto a causa della grande distanza alla quale si trovano.
E' come fotografare il Vesuvio da due punti separati da qualche centinaio di metri: il vulcano avrà lo stesso aspetto, ma le case in primo piano saranno "scomparse". Eppure non mi risulta che il Vesuvio sia un fondale finto.
La bandiera "sventola" soltanto quando l'astronauta la scuote. Quando la molla, dondola un po', come è giusto che faccia anche un oggetto leggero in assenza d'aria, ma poi non si muove più.
Guardate bene i filmati, se non ci credete. Vi sfido a trovare un solo filmato in cui la bandiera sventola mentre non viene toccata. Anche sulla Terra si può far "sventolare" una bandiera in assenza di vento: basta darle una bottarella.
Quando si fotografa un oggetto filiforme scuro contro uno sfondo chiaro e luminoso, l'oggetto filiforme tende a scomparire inghiottito dal chiarore circostante: è un fenomeno ben noto ai fotografi.
E' più difficile da descrivere che da fare, ma provate a fotografare un capello o uno spago o altro oggetto sottile, messo a fuoco ma in ombra, contro una parete bianca illuminata dal sole di mezzogiorno (che è solo una pallida imitazione del contrasto ben più intenso presente sulla Luna, dove non c'è atmosfera). Otterrete lo stesso risultato che si vede nelle foto lunari.
Guarda caso, nelle foto degli astronauti le crocette nere (fiducials o reseau marks) mancano soltanto in corrispondenza di oggetti di colore chiaro fortemente illuminati e quasi sovraesposti. Addirittura ci sono foto in cui le crocette nere mancano "a intermittenza", perché sono solo in parte davanti a uno sfondo molto luminoso. Oltre alla foto mostrata qui sopra (dettaglio della foto AS16-107-17446), trovate altri esempi presso http://www.clavius.org/photoret.html.
Se davvero ci sono due sorgenti di luce, come mai nelle foto non ci sono anche due ombre per ogni oggetto? Basta guardare una partita di calcio in notturna per rendersi conto che se ci sono due sorgenti di luce, tutti gli oggetti devono formare due ombre.
Anche sulla Terra, di giorno, le ombre possono avere direzioni diverse: hanno la stessa direzione soltanto se cadono su superfici disposte nello stesso modo. E sulla Luna, mancando ogni riferimento (oggetti familiari di dimensione nota) che indichi la pendenza del terreno, è molto facile non accorgersi che una zona è inclinata rispetto a un'altra, come nella foto qui accanto.
E poi c'è la prospettiva, che tende a far convergere le linee parallele. Se inoltre l'obiettivo è un grandangolare, la convergenza delle linee (e quindi delle ombre) è ancora più marcata.
Provare per credere: guardate le vostre foto dell'album di famiglia. Sicuramente ne troverete qualcuna con le ombre "sbagliate". La questione è chiarita in dettaglio su Clavius.org, da cui traggo queste foto, nelle quali si nota la convergenza delle ombre dovuta all'obiettivo, sia sulla Luna, sia sulla Terra:
Scusate, ma che senso avrebbe etichettare dei sassi di scena con una singola lettera? E' un sistema di etichettatura che permetterebbe soltanto ventisei oggetti. Un po' pochi per un set che deve ritrarre la Luna, la cui superficie è costellata di sassi, sassi e ancora sassi.
E come farebbe la "C", se fosse davvero tracciata su un lato inclinato di un sasso ruvido e irregolare, ad avere una forma così sorprendentemente regolare dal punto di vista di sbieco dal quale la si guarda in questa foto?
La "C" sul sasso è in realtà un pelucco, presente nelle copie ma non negli originali. Lo si vede chiaramente ingrandendo l'immagine, come nel dettaglio mostrato qui sotto. Presumibilmente il pelucco si è attaccato alla pellicola durante una delle tante duplicazioni delle foto originali (ricordate che questa è fotografia chimica, nella quale le copie non si fanno duplicando un file di computer, ma rifotografando la fotografia).
La foto originale (senza pelucco) è catalogata come AS16-107-17446 e la trovate ad alta risoluzione qui. In quest'originale si vede bene che la "C" sul terreno è un semplice solco nella polvere.
C'è anche da considerare una singolare coincidenza: la "lettera" trovata sul sasso è proprio una di quelle a curva o linea semplice che un pelucco forma spontaneamente. Non è, per esempio, una K o F o H o M o A.
Perché l'antenna non era una di quelle telescopiche a forma di astina, come quelle delle nostre radio: era una banda metallica rigida, dipinta di bianco su un lato e di nero sull'altro.
Vista di taglio o dal lato scuro, si vede meno o sparisce nelle foto; vista dall'altro lato o di piatto, riflette bene la luce. Semplice. Qui sotto ne vedete un paio di foto, tratte da Clavius.org.
Perché gli assistenti di scena si sono dimenticati di tracciarle, è chiaro! Hanno sollevato il Rover per metterlo in posizione nello studio cinematografico, ma si sono scordati di creare l'impronta delle ruote nel suolo. Che sbadati! Fregati da un dettaglio così banale.
Battute a parte, ci sono varie ragioni per questa assenza di tracce di ruote.
Ecco qualche foto chiarificatrice.
E' proprio il vuoto assoluto il loro miglior alleato, lo stesso vuoto che funziona così bene nei thermos. Il calore nel vuoto non si propaga per conduzione/convezione, ma soltanto per irradiazione. Non c'è aria calda che scaldi gli oggetti. Per scaldarsi, un oggetto deve essere esposto direttamente a una fonte di calore, per esempio il Sole.
Pertanto il lato esposto al sole della fotocamera si scalda, ma quello in ombra si raffredda, ma fra fotocamera e pellicola c'è poco trasporto di calore, perché dentro la fotocamera c'è il vuoto, proprio come in un thermos. Il calore si propaga per conduzione soltanto nei pochi punti di contatto fra corpo della fotocamera e pellicola. Inoltre le fotocamere erano trattate in modo da avere superfici riflettenti, che come tali respingevano gran parte del calore ricevuto dal sole.
I complottisti citano spesso dai libri di astronomia temperature lunari estreme, che sarebbero impossibili da sopportare per la pellicola (oltre 100 gradi al sole, oltre 100 gradi sottozero all'ombra). Dimenticano, però, di far notare che queste temperature si riferiscono al suolo, non a un oggetto tenuto in mano da un astronauta, e specificamente si riferiscono al suolo dopo quattordici giorni terrestri ininterrotti di esposizione al Sole o di assenza di Sole: tanto durano, infatti, il giorno e la notte lunari. Se il suolo lunare ci mette due settimane di esposizione al Sole per raggiungere cento gradi e rotti, è abbastanza evidente che un oggetto collocato sulla Luna per qualche ora (la fotocamera durante una passeggiata lunare) non si scalda subito fino a queste temperature.
Fra l'altro, i luoghi e gli orari degli allunaggi furono scelti in modo da avere luce radente e quindi temperature del suolo molto più basse di quelle massime citate nei libri di astronomia, per cui l'unica fonte di calore per irraggiamento era il Sole.
In pratica, la pellicola, isolata grazie al vuoto e protetta grazie alla superficie riflettente della fotocamera, doveva reggere temperature paragonabili a quelle di un deserto terrestre. E tutti sappiamo che persino i turisti riescono a fare le foto alle piramidi egizie.
La questione della relativa pericolosità delle radiazioni delle fasce di Van Allen è spiegata molto chiaramente da un esperto in italiano qui.
Trovate qui qualche dato concreto sulle radiazioni nello spazio e specificamente nella zona più pericolosa, appunto le contestate fasce di Van Allen, che sono state attraversate molto rapidamente dagli astronauti Apollo. Da questa fonte emerge che i dati scientifici sulle radiazioni spaziali devono essere veritieri, altrimenti anche i satelliti automatici non funzionerebbero e verrebbero fritti. Il link indica fonti scientifiche che contengono questi dati.
Per quanto riguarda le radiazioni sulla Luna, l'astronomo Phil Plait documenta in "Bad Astronomy: Misconceptions and Misuses Revealed, from Astrology to the Moon Landing 'Hoax'" (John Wiley & Sons, ISBN 0-471-40976-6) che i dosimetri portati dagli equipaggi Apollo rilevarono un dosaggio cumulativo circa pari a una radiografia al petto, ossia 1 milligray. La dose media è risultata inferiore a 1 rem, pari alla radiazione prodotta dall'ambiente che si riceve, al livello del mare, in tre anni.
In altre parole, una missione lunare di pochi giorni come quelle Apollo comporta radiazioni complessivamente equivalenti a una radiografia o a tre anni di vita sulla Terra.
La Nasa dichiara, nel Mission Report dell'Apollo 11, che la dose totale di radiazioni misurata dai dosimetri e ricevuta dagli astronauti fu compresa fra 0,25 e 0,28 rad, al di sotto dei valori significativi dal punto di vista medico:
"The total integrated, but uncorrected, doses were 0.25, 0.26, and 0.28 rad for the Commander, Command Module Pilot, and Lunar Module Pilot, respectively. The Van Allen Belt dosimeter indicated total integrated doses of 0.11 rad for the skin and of 0.08 rad for the depth reading during the entire mission. Thus, the total dose for each crewman is estimated to have been less than 0.2 rad, which is well below the medically significant level."
(pagina 12-3, paragrafo 12.2.4 del Mission Report)
Un ulteriore approfondimento è disponibile in "Biomedical Results of Apollo".
L'articolo "Missione impossibile?" della rivista Le scienze del luglio 2006, scritto da Eugene N. Parker, maggior esperto mondiale di gas interplanetari e di campi magnetici, riporta una tabella dei valori in in rem all’anno assorbiti da un essere umano ipoteticamente presente alla quota corrispondente:
Livello del mare | 0,02 - 0,04 |
1500 metri | 0,04 - 0,06 |
3000 metri | 0,08 – 0,12 |
12000 metri (jet) | 2,8 |
Orbita terrestre bassa | 10 |
Fasce di Van Allen | 1500 |
Superficie lunare | 7 – 12 |
Spazio interplanetario | 13 – 25 |
Spazio interstellare | 30 – 70 |
Nessun complottista è stato finora in grado di smentire documentatamente questi dati o di dimostrare che queste dosi di radiazioni sono sufficienti a velare le pellicole (che ricevettero dosi ancora minori di radiazioni rispetto agli astronauti, essendo protette in appositi involucri).
Certo che ci sono foto ritoccate. Ma il ritocco è puramente estetico e non arriva mai alla falsificazione. Anche le foto di Naomi Campbell sui giornali sono ritoccate per rimuovere le imperfezioni della sua pelle, ma questo non vuol dire che il fotografo non ha immortalato Naomi e l'ha sostituita con la sua portinaia.
Molte foto lunari sono state inquadrate male o riprese storte. Questi errori di composizione sono stati corretti nelle versioni pubblicate da libri e riviste; talvolta le crocette (fiducials o reseau marks in inglese) vengono rimosse col fotoritocco, ma sul sito della NASA sono disponibili scansioni dei fotogrammi intatti originali che permettono di notare le modifiche. Non c'è nulla da "nascondere".
Per esempio, una delle più celebri immagini del primo sbarco sulla Luna è da sempre ritoccata piuttosto pesantemente per ragioni estetiche: la vedete qui sotto in una delle versioni abitualmente utilizzate.
Confrontate quest'immagine con la versione originale pubblicata su un sito della NASA e mostrata qui sotto.
Come vedete, l'inquadratura è stata "stretta" per portare in primo piano l'astronauta, e soprattutto nella versione normalmente circolante mostrata sopra è stata aggiunta una fetta di cielo per ottenere una foto più bilanciata. Quindi i ritocchi ci sono, ma non sono quelli che pensano i complottisti.
Fra l'altro, bisogna che questi complottisti si decidano: o dicono che le foto sono fatte in studio, e allora non si capisce perché ci sia stato bisogno di ritoccarle (bastava rifarle); oppure dicono che le foto sono ritoccate, ma allora questo implica che sono autentiche. Volete mettervi d'accordo una buona volta?
Quest'immagine è interessante anche da un altro punto di vista: tecnicamente è una delle peggiori in assoluto. Innanzi tutto è paurosamente storta, e poi è composta male, senza lasciare spazio sopra la testa dell'astronauta (che rischiava di finire decapitato, come nelle foto dei peggiori dilettanti).
Non pensate che se fosse stata preparata in studio avrebbero fatto di meglio? In realtà questa foto conferma le difficoltà di ripresa degli astronauti, che soprattutto nelle prime missioni lunari non potevano portare la fotocamera al viso per prendere la mira: la fotocamera era fissata al petto, e gli astronauti prendevano la mira spostando il corpo.
Questa è la teoria sostenuta, per esempio, da Jack White presso Aulis.com. White afferma (fra le altre accuse) che gli astronauti dell'Apollo 11 hanno fatto uno scatto ogni 15 secondi ("Apollo 11........one photo every 15 seconds") durante la loro passeggiata lunare.
Tuttavia lui stesso dice che la passeggiata è durata 151 minuti e che le foto scattate durante la passeggiata sono 121. I dati sono i suoi, diamoli per buoni per amor di discussione.
Un conto elementare dimostra che 121 foto in 151 minuti non sono "una foto ogni 15 secondi", ma meno di una foto al minuto.
Come fa White ad arrivare a 15 secondi? Facile: introduce un valore "arbitrario" (lo chiama lui così) di due ore da sottrarre a causa delle altre attività degli astronauti durante l'escursione: "Let's arbitrarily calculate a MINIMUM time for these tasks and subtract from available photo time".
Perché proprio due ore, e non due e un quarto, o una e mezza? White non fornisce alcuna ragione per la sua scelta di questo dato. E' molto facile ottenere risultati impossibili se si alterano i dati a proprio favore introducendo valori arbitrari.
Inoltre White evita di specificare che gli astronauti fecero molti scatti doppi: due foto fatte nello stesso punto, senza perdere tempo a riposizionarsi e riprendere la mira.
Ne vedete un esempio qui sopra: a destra Buzz Aldrin fa il saluto militare, a sinistra no, e il punto di ripresa è identico.
Gli astronauti fecero inoltre intere serie di scatti in rapida successione durante le panoramiche (c'è un filmato di una missione nella quale l'astronauta riferisce chiaramente via radio il ritmo degli scatti: "click, click, click, click"). In una panoramica si possono fare una decina di scatti in pochi secondi (provateci con la vostra macchinetta), e questo altera non poco il calcolo del tempo medio.
C'è di più. Non è chiaro se White include, nel suo conteggio, anche le foto stereoscopiche fatte dagli astronauti. Una foto stereoscopica è composta da due scatti fatti simultaneamente o a brevissima distanza di tempo. Se White li conta come due scatti separati, i suoi risultati diventano ancora più arbitrari.
White cerca inoltre di dilatare i tempi necessari per ogni scatto affermando che tutte le foto sono inquadrate con cura ed esposte perfettamente e questo richiede tempo. Basta tuttavia un'occhiata all'archivio della NASA (quello integrale di Apolloarchive.com, che contiene anche le foto brutte e sottoesposte/sovraesposte) per notare che White mente.
Tutto questo prima ancora di andare a controllare se i dati di White sono giusti: un lavoro immane che lascio a chi si ostina ad attaccarsi a ragionamenti distorti e scorretti come quelli di White.
La gravità della Luna è un sesto di quella terrestre, quindi il motore necessario per tenere librato un modulo lunare è molto, molto meno potente di quello necessario sulla Terra e quindi sposta molto meno ciò che gli sta sotto. Inoltre il modulo lunare riduceva al minimo la spinta del motore poco prima di toccare terra. Non deve formarsi un cratere.
L'impatto dei gas è distribuito su una superficie ampia, ossia il fondo del cono di espansione. Inoltre va ricordato che i motori a razzo non agiscono per spinta "contro" una superficie, ma per pura reazione (è per questo che funzionano anche nello spazio, dove non c'è nulla contro cui spingere): quindi quella che conta è la spinta all'ugello o più propriamente la velocità di uscita dei gas, mentre la spinta che arriva al suolo è irrilevante e può essere assai modesta.
A parte questo, quando un elicottero o un jet a decollo verticale come l'Harrier atterra su una spiaggia terrestre, produce forse un cratere?
Inoltre sulla Luna non c'è aria, quindi non si produce un nuvolone di polvere: semplicemente la polvere schizza via in tutte le direzioni. E infatti in tutti i filmati degli allunaggi si vede la polvere che schizza via quasi orizzontalmente, appunto senza formare le volute che invece formerebbe in presenza d'aria, a riprova del fatto che le immagini sono state riprese nel vuoto.
Non ci sono bruciature perché il carburante è sì caldo quando esce dall'ugello, ma si disperde grosso modo in un cono nel vuoto, raffreddandosi rapidamente a causa della propria espansione. Qualsiasi gas si raffredda quando si espande; è il principio sul quale si basano i frigoriferi.
Perché nessuno dei telescopi terrestri disponibili è sufficientemente potente da poter rilevare gli oggetti lasciati sulla Luna dagli astronauti (apparecchi scientifici, automobili elettriche usate per le esplorazioni a lungo raggio, la sezione inferiore del modulo lunare, eccetera), la cui dimensione massima è dell'ordine di qualche metro.
Il fatto che i telescopi vedano galassie lontanissime, mentre la Luna è praticamente dietro l'angolo, non deve ingannare: senza addentrarmi in calcoli complicatissimi, le dimensioni apparenti degli oggetti lasciati sulla Luna sono minori di quelle dei corpi celesti ripresi così spettacolarmente dai telescopi. Sono sì molto più lontani, ma sono anche molto, molto, molto, molto più grandi.
Un sito Nasa che raccoglie alcune delle più belle foto astronomiche in assoluto contiene una pagina che spiega il problema in questi termini: il telescopio spaziale Hubble ha uno specchio di 2,4 metri di diametro. Con uno specchio di queste dimensioni, l'oggetto più piccolo distinguibile in un'immagine di Hubble, alla distanza della Luna (pari a circa 400.000 chilometri), ha un diametro di circa 80 metri. Il modulo lunare (l'oggetto più grande lasciato sulla Luna) è circa dieci volte più piccolo, per cui per vederlo ci vorrebbe un telescopio spaziale dieci volte più grande di Hubble. La foto mostrata nella medesima pagina mostra il modulo lunare sulla Luna, ma è stata presa dalla capsula Apollo in orbita intorno alla Luna, a soli cento chilometri di distanza.
Ci sono speranze però che il Very Large Telescope o VLT (http://www.eso.org/projects/vlt), situato in Cile, ce la possa fare. Il VLT è progettato per raggiungere una risoluzione angolare di 0,001 secondi d'arco alla lunghezza d'onda di 1 micrometro, pari a un angolo di 0,000000005 radianti. Traduzione: il VLT è in grado di vedere un oggetto grande due metri alla distanza Terra-Luna. Questo dovrebbe consentire di vedere chiaramente le basi dei moduli lunari rimasti sulla superficie del nostro satellite, che misurano circa cinque metri di diametro. Secondo il Telegraph del 25 novembre 2002, alcuni ricercatori europei avrebbero proprio intenzione di eseguire quest'esperimento.
Mi risulta però che il VLT non abbia ancora raggiunto la propria risoluzione teorica: secondo un comunicato stampa riguardante un'osservazione della stella Eta Carinae, il massimo risultato sinora ottenuto è una risoluzione di 0,005 secondi d'arco, ossia cinque volte peggiore di quella teorica. La tecnica utilizzata, fra l'altro, per il momento non produce vere e proprie immagini: è interferometria, prodotta combinando in modo particolare le immagini di più telescopi (in questo caso due, distanti 62 metri), e la risoluzione indicata si ha soltanto nella direzione parallela alla linea che unisce i due telescopi; occorre combinare più telescopi allineati in varie direzioni per avere una vera e propria risoluzione bidimensionale.
Non che questo cambierebbe qualcosa per i complottisti, che anzi hanno già messo le mani avanti. Per esempio, lo stesso articolo del Telegraph riferisce che Marcus Allen, editore della rivista britannica Nexus e complottista da tempo immemorabile, afferma che eventuali immagini dei moduli lunari non dimostrerebbero comunque che gli americani misero degli uomini sulla Luna nel 1969. I moduli lunari, pare di capire, secondo lui potrebbero essere stati depositati sulla Luna da sonde automatiche. Anche le impronte degli astronauti potrebbero essere state realizzate con un dispositivo automatico, una sorta di robottino con gli stivali (non ridete).
Un altro modo per vedere dettagli così minuscoli è avvicinarsi alla Luna: e infatti sono state effettuate, e sono tuttora in corso, varie missioni automatiche verso la Luna, realizzate da India, Cina, Giappone e Stati Uniti. Per esempio, già nel 1994 la sonda americana Clementine scattò immagini che mostravano molto vagamente la chiazza scura (indicata dalla lettera A) lasciata dall'allunaggio dell'Apollo 15. L'ubicazione della chiazza coincide esattamente con il punto dell'allunaggio. Anche se questa non può essere considerata una prova conclusiva, è di certo una buona indicazione di quanto sia difficile ottenere una foto degli sbarchi.
La lettera A indica la chiazza scura prodotta dall'allunaggio dell'Apollo 15 in una foto scattata dalla sonda automatica Clementine.
Le lettere B e C indicano crateri formatisi di recente. Fonte: Space.com.
Nel 2009, la sonda statunitense Lunar Reconnaissance Orbiter e quella giapponese Kaguya hanno scattato immagini dei luoghi di allunaggio, nei quali si vedono chiaramente i segni dei veicoli e persino la scia di impronte lasciate dagli astronauti.
Naturalmente questo non metterà finalmente a tacere i superscettici: argomenteranno che anche le foto delle sonde sono false e create magari con l'aiuto di George Lucas.
Il fatto che ci sia una percentuale di persone che credono a una teoria non dimostra affatto che la teoria sia valida.
Un sacco di gente crede che l'evoluzione sia una bufala o crede agli UFO, alle streghe o al potere delle piramidi, o che se metti una bottiglia d'acqua fuori della porta i gatti si confondono e non pisciano li, ma questo non rende più reale nessuna di queste ipotesi.
Comunque, secondo un sondaggio Gallup del 1999, solo il 6% degli americani crede al complotto lunare (fonte).
Errore. La NASA aveva in effetti pensato di finanziare Jim Oberg per un libro di smentita (con soli 15.000 dollari), ma a novembre 2002 ha disdetto il progetto proprio perché c'è gente che l'avrebbe interpretato come conferma delle proprie teorie. Fonte: BBC.
Errore. Le missioni lunari sono finite nel dicembre 1972. Fonte: NASA.
Ci provarono eccome. Solo che il loro grande razzo vettore N1, progettato appositamente per la missione lunare, aveva una spiacevole tendenza a esplodere. Per cui il progetto fallì, gli americani arrivarono primi, e il piano lunare sovietico fu abbandonato. Ma la documentazione è rimasta.
Gagarin fu il frutto di un regime che notoriamente sfruttava le occasioni di propaganda fino all'osso. E poi Gagarin è morto giovane in un incidente aereo: Armstrong, Aldrin e Collins no, grazie al cielo. Neil Armstrong ha comunque varie scuole e risorse pubbliche dedicati al suo nome. Posso fornire un elenco, se serve.
Fra l'altro, Aldrin mena ancora cazzotti storici a chi gli si avvicina e lo molesta e insulta dicendo che lui sulla Luna non ci è mai andato. C'è uno spettacolare filmato di settembre 2002 in cui Aldrin viene molestato da Bart Sibrel, noto complottista che perseguita da anni gli astronauti. Potete vedere il filmato anche su Youtube qui.
Sibrel chiede insistemente ad Aldrin di giurare sulla Bibbia che aveva camminato sulla Luna. Aldrin rifiuta. Sibrel, allora, chiama Aldrin "ladro, bugiardo e codardo". Il settantenne Aldrin risponde stendendo il corpulento complottista trentasettenne con un pugno.
C'è chi sospetta, comunque, che il filmato non sia autentico ma che Sibrel abbia simulato il fatto che il pugno sia arrivato a destinazione. Chi di simulazione ferisce, di simulazione perisce.
Primo: le prove precedenti, di attracco e sgancio e riattracco, di rendezvous orbitale eccetera, furono fatte eccome, nelle missioni Gemini. Prima dello sbarco sulla Luna, si fece la prova generale per ben quattro volte con l'Apollo 7, 8, 9 e 10 (fonte: NASA). I comandi non erano affatto manuali, ma computerizzati con supervisione umana. I computer di bordo erano molto limitati e dipendevano dai grandi calcolatori a terra.
Secondo: la tecnologia degli anni Sessanta era modesta rispetto a oggi ma comunque sufficiente. Lasciate fare agli ingegneri senza imporre loro limiti di spesa o norme ecologiste o politicamente motivate, come si fece allora, e vedrete cosa vi fanno. Esempio: il Concorde.
Terzo: i veicoli Apollo avevano comunque a bordo dei computer molto rudimentali ma sufficienti allo scopo, anche perché i computer principali erano a terra e a bordo non c'erano due fruttivendoli, ma piloti esperti rigorosamente addestrati a fare i calcoli per le manovre.
Quarto: se pensate che la tecnologia USA fosse così insufficiente, allora pensate che anche le missioni sovietiche siano bufale? I sovietici erano tecnologicamente ancora più primitivi.
Perché costa ed è rischiosa, dannazione, e non si spendono miliardi e rischiano vite solo per fare contenti i complottisti. A meno che, naturalmente, paghino loro e si offrano come passeggeri. Ci deve essere un motivo molto forte per rischiare e spendere pur di andare sulla Luna, e per ora, passato il prestigio politico del primo sbarco, questo motivo non c'è.
Sempre perché costa e non c'è motivo di farlo. Pagate voi?
Oltretutto, se anche lo si facesse, i complottisti non sarebbero comunque contenti: direbbero che le foto sono false e che comunque dimostrano solo che sulla Luna ci sono dei pezzi di veicolo spaziale ma non provano che nel 1969 ci siano stati degli astronauti. E allora che senso ha spendere tanti soldi?
"Perfettamente liscio"? State scherzando? Su sette missioni lunari, una è fallita (Apollo 13). Tre astronauti sono morti sulla rampa di lancio (Apollo 1). Basta leggere la documentazione.
Giusto per citare alcuni esempi: il computer di atterraggio del modulo lunare dell'Apollo 11 si è piantato ripetutamente durante l'allunaggio e l'Apollo 12 fu colpita da un fulmine al decollo. Altro che "perfettamente liscio".
E' una domanda sensata, ma purtroppo chi crede a queste ipotesi parte con dei preconcetti che rendono inutile ogni dimostrazione contraria. Noterete che molto spesso la gente crede al complotto semplicemente perché ha sentito dire che c'è qualcuno che ha scritto un libro in proposito. Con questi appunti non intendo certo far cambiare idea a chi crede: voglio solo fornire qualche spunto a chi vuol capire.
Una delle soluzioni più eleganti, visto che sta nascendo l'epoca dei viaggi spaziali commerciali, è caricare gli scettici su una cosmonave e portarli sulla Luna, così che possano verificare con i propri occhi. Poi, però, li lasciamo là, così la smettono di rompere l'anima e sminuire il genio, il duro lavoro e i sacrifici di chi ha lavorato ai programmi spaziali, a volte rimettendoci la vita. Perché è questo che fanno i complottisti: si sentono superiori ai comuni mortali perché loro sanno la Verità che noi poveri scemi non riusciamo a cogliere.
Ma mi sa che anche così probabilmente non ci crederebbero: penserebbero a un viaggio simulato o a qualche altra "spiegazione" strampalata. Almeno finché non vanno a fare una passeggiata all'aperto. Senza tuta spaziale, s'intende.
Ci sono comunque alcuni esperimenti che si possono davvero fare, persino adesso che sono passati più di trent'anni, per dimostrare che sulla Luna qualcuno c'è andato davvero. Purtroppo non sono semplici e intuitivi come lo sarebbe guardare attraverso un telescopio, ma per chi ha un minimo di cognizione scientifica e non ha il paraocchi sono più che lampanti.
Per esempio, sulla Luna ci sono numerosi riflettori laser lasciati dalle missioni Apollo 11, 14 e 15 e anche dalle missioni automatiche sovietiche: una sorta di specchio, o più propriamente un catarifrangente, dalle proprietà simili a quelle dei cartelli stradali, che riflette intensamente la luce nella direzione dalla quale proviene. Basta puntare un fascio di luce su una zona ben precisa della superficie lunare per ottenere un bel riflesso che non potrebbe prodursi diversamente.
Purtroppo è un esperimento difficile da realizzare: non basta una luce normale, ci vuole un laser molto potente (in fin dei conti, sono quattrocentomila chilometri di distanza, mica bazzecole). Ma è realizzabile in qualsiasi momento, e anzi viene effettuato quotidianamente da numerosi osservatori per misurare la distanza Terra-Luna con estrema precisione. Se volete saperne di più, c'è un'ottima descrizione dei riflettori, con foto e mappa delle loro ubicazioni sulla Luna, presso questo sito.
In teoria i riflettori potrebbero essere stati collocati senza intervento umano sul posto, per cui questo esperimento non confermerebbe inequivocabilmente la presenza umana sulla Luna nel 1969 e negli anni successivi. Volendo fare i complottisti, l'unica prova schiacciante sarebbe il reperimento di un cadavere di astronauta sul suolo lunare. Ma di cadaveri, per fortuna, non ce ne sono, anche se c'è mancato poco.
Ci sono anche i campioni di roccia lunare (non solo quelli americani, ma anche quelli sovietici), che basta esaminare per verificare che sono chimicamente diversissimi da ogni roccia terrestre, ma bisogna essere geologi per capirlo.
Certo potrebbero essere arrivati sulla Terra con altri mezzi, ad esempio tramite sonde automatiche. Un'altra spiegazione sarebbe data da meteoriti che hanno impattato sulla Luna e ne hanno fatto schizzare via dei frammenti, alcuni dei quali sono caduti sulla Terra: ma in tal caso avrebbero chiari segni dell'arroventamento causato dal loro passaggio ad altissima velocità attraverso l'atmosfera terrestre.
Le rocce lunari, liberamente esaminabili, non hanno segni di questo genere, e dimostrano che perlomeno un veicolo (non necessariamente con persone a bordo) è stato sulla Luna.
Sarebbe stato comunque impossibile realizzare in studio i filmati dello sbarco. Ci sono alcune caratteristiche fisiche dell'ambiente lunare, come la mancanza d'aria e la gravità ridotta, che non si possono duplicare sulla Terra.
Naturalmente c'è anche l'immensa mole di dati pubblicamente consultabili: i progetti, gli schemi tecnici, il software, i piani di volo, gli archivi, gli inventari, le infinite procedure burocratiche, gli appalti, i collaudi... Tutti meticolosamente documentati e protocollati come solo un progetto governativo sa fare.
Per creare la messinscena, sarebbe stato necessario inventare di sana pianta tutto questo monumentale apparato di scartoffie, e inventarlo senza mai cadere in contraddizione. Un'impresa forse ancora più difficile che andare sulla Luna per davvero.
Ciliegina sulla torta, c'è il piccolo problema che per far funzionare tutta questa messinscena bisognerebbe riuscire a tenere vincolate alla consegna al silenzio per decenni le centinaia di migliaia di persone (non esagero, sono cifre di dominio pubblico) che hanno lavorato al progetto.
Sono ormai passati quasi cinquant'anni, e non c'è stata neppure una confessione in punto di morte di un ex dipendente della NASA o di una delle tantissime società private coinvolte nel progetto. Pensate quanto avrebbe dato il KGB per trovare una talpa che le vendesse la soffiata del secolo, ossia che era tutta una finta. Niente da fare.
Se volete un esempio notevole di come sia difficile mantenere un segreto anche quando la posta in gioco è altissima, leggetevi la storia della nave Glomar Explorer. L'11 aprile 1968, un sottomarino sovietico di classe Golf-II, armato di missili balistici nucleari, affondò circa 750 miglia a nord ovest delle Hawaii, depositandosi sul fondo marino a 5200 metri di profondità.
Le navi sovietiche tentarono invano di trovarlo. Gli americani, invece, sapevano esattamente dov'era situato, ma si guardarono bene dal dirlo ai sovietici: l'occasione di mettere le mani su una delle armi di punta dell'arsenale nemico era troppo ghiotta. Infatti commissionarono una nave, la Glomar Explorer, che fu spacciata per una nave per la ricerca mineraria sottomarina: scusa plausibile, dato che è noto che il fondo del Pacifico è lastricato di noduli preziosissimi di manganese, ferro, nichel e cobalto.
Nel 1974, la nave andò sul luogo della tragedia e ripescò alcuni componenti del sottomarino sovietico. Il segreto fu spiattellato nemmeno un anno dopo dal Los Angeles Times. La storia è descritta qui.
Se vi capita di discutere con chi crede all'ipotesi della messinscena cinematografica, troverete che questi credenti hanno la battuta pronta, perché hanno studiato (su libri deliranti, ma comunque hanno studiato). Bisogna essere preparati per rispondere a tono alle loro argomentazioni. Potete provare a metterli in crisi con qualche domanda che magari non vi viene in mente al volo:
Un fotogramma del decollo del modulo lunare, tratto dalla missione Apollo 16.