Indagine iniziale: 4 novembre 2004. Ultimo aggiornamento: 17 novembre 2004.
Indagini antibufala consultate dal 7/11/2003:
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Dai primi di ottobre 2004 circolano varie versioni di un appello il cui concetto di base è che alcuni
prodotti alimentari attualmente in vendita conterrebbero "peperoncino
cancerogeno" o peperoncino trattato con un colorante, il Sudan rosso 1,
ritenuto cancerogeno.
Questa è la versione più diffusa:
Oggetto: ABBIAMO CONTROLLATO: PURTROPPO E' VERO La lista dei ritiri italiani del peperoncino cancerogeno: KRAFT
In Italia sta circolando un tipo di peperoncino rosso che contiene un colorante cancerogeno vietato dall'Unione Europea. Lo ha scoperto l'Arpa (Agenzia regionale protezione ambientale) di La Loggia, in provincia di Torino, che ha trasmesso un rapporto alla Procura del capoluogo piemontese. Il procuratore aggiunto Raffaele Guariniello ha informato la Regione e il Ministero della Salute perché vengano presi i provvedimenti del caso. Sotto accusa è il colorante "Sudan rosso 1", molto impiegato in India, che la Commissione Europea ha vietato il 20 giugno del 2003 perché "considerato una sostanza cancerogena genotossica", vale a dire dannoso anche per la riproduzione. Al momento sono ben dieci le aziende italiane produttrici di alimentari contenenti peperoncino indiano indagate dalla Procura di Torino. L'ipotesi di reato contestata dal pm Raffaele Guariniello, titolare dell'inchiesta, è di somministrazione di sostanze alimentari pericolose per la salute pubblica. Su incarico del magistrato torinese, i Nas stanno eseguendo controlli in tutta Italia alla ricerca di prodotti contenenti questa spezia che, secondo quanto stabilito a un decreto dell'Unione europea, una volta individuati devono essere sequestrati e distrutti. Il problema riguarderebbe in particolar modo il nostro Paese visto che gli alimenti incriminati trovati anche in altri stati d'Europa proverrebberoproprio dall'Italia. Secondo la Procura il problema è più vasto di quanto si possa pensare: infatti oltre che nel peperoncino in polvere, il Sudan 1 si può trovareanche in sughi pronti, salumi e paste. Inoltre, a confermare la gravità dell'accaduto, sembra che numerose aziende italiane stiano provvedendo 'alla chetichella' al ritiro volontario di centinaia di prodotti, nelle ultime settimane, dagli scaffali di numerosi supermercati italiani. In effetti solo la catena di supermercati Conad ha avvisato i propri clienti dei ritiri in atto, pubblicizzando nomi e marchi addirittura sul proprio sito internet. Chi dorme invece tranquillo e non si preoccupa minimamente di avvertire i consumatori italiani di quanto sta accedendo, è il nostro ministero della Salute che tace in tutta tranquillità. L'allarme sul colorante cancerogeno presente nei peperoncini provenienti dall'India è partito dalla Francia, ed è stato preso in seria considerazione dalle autorità europee. La Commissione è arrivata a vietare l'importazione di peperoncino rosso e dei prodotti derivati "a meno che le partite non siano accompagnate da un certificato comprovante che il prodotto non contiene il colorante Sudan rosso 1". Le partite con il colorante "devono essere distrutte". "Il colorante Sudan rosso 1 - si legge nel testo della "decisione della Commissione" - può essere considerato una sostanza cancerogena genotossica. Pertanto è impossibile stabilire una dose giornaliera tollerabile". Il colorante "può anche provocare reazioni di sensibilizzazione per via cutanea o per inalazione. L'agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) ha inoltre classificato il colorante nella categoria 3 delle sostanze cancerogene". |
Il testo citato è talvolta preceduto da questa introduzione:
Il Dottor Alessandro Barelli, che mi ha inviato questo messaggio, è il Direttore
del Centro Antiveleni del Policlinico Gemelli, Docente e
Ricercatore nel campo della Tossicologia e della Rianimazione. [segue la prima versione] |
A volte la lista dei prodotti a rischio include anche altre voci:
FATTORIE UMBRE
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Il Sudan rosso 1, un colorante,
è effettivamente considerato cancerogeno dall'Unione Europea ed
è effettivamente stato rinvenuto in numerosi prodotti alimentari
contenenti peperoncino in vendita in tutta Europa nel 2003 e nel 2004.
L'elenco di prodotti citato dall'appello è tratto, spesso in modo incompleto, da un'indagine (http://www.ilsalvagente.it/modules.php?name=News&file=article&sid=41) del settimanale di difesa dei consumatori Il Salvagente, pubblicata il 21 ottobre 2004.
Secondo varie fonti, compreso il Ministero della Salute, i prodotti elencati non sono però gli unici a rischio.
Lo sono, infatti, tutti i prodotti che contengono peperoncino
contaminato con Sudan rosso 1, che è principalmente di
provenienza indiana. Tali prodotti comprendono alcune miscele di
spezie, couscous, curry, tandoori masala, salsicce e paste alimentari,
e altro ancora. Lo sono anche molti prodotti di origine non italiana. I
prodotti contenenti peperoncino italiano e i peperoncini italiani
freschi non sono a rischio: non è il peperoncino in sé a essere cancerogeno, ma il colorante Sudan rosso 1 che vi viene immesso.
L'Unione Europea ha già disposto, sin da giugno 2003, misure
d'emergenza per bloccare l'importazione di ulteriori partite di
peperoncino contaminate dal Sudan rosso 1 e per disporre la distruzione
delle partite già importate nell'UE. Tuttavia, fonti
giornalistiche e del Ministero della Salute italiana segnalano che
anche nel 2004 sono state trovate partite contaminate.
Il problema della presenza del Sudan rosso 1 negli alimenti è emerso a giugno 2003, quando l'Unione Europea, a seguito di segnalazioni provenienti dalla Francia, ha pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'UE del 21/6/2003 (http://europa.eu.int/eur-lex/pri/it/oj/dat/2003/l_154/l_15420030621it01140115.pdf) una "Decisione della Commissione" datata per la precisione 20 giugno 2003, "recante misure di emergenza relative al peperoncino rosso e ai prodotti derivati". Da questa decisione cito alcuni paragrafi che corrispondono a quanto descritto nell'appello:
Il problema è stato segnalato, in termini che confermano la sostanza dell'appello, da moltissime fonti:
Alcune versioni dell'appello includono un riferimento, come apparente "garante" dell'allarme, al "Dottor Alessandro Barelli, [...] Direttore
del Centro Antiveleni del Policlinico Gemelli, Docente e
Ricercatore nel campo della Tossicologia e della Rianimazione."
Una ricerca in Google conferma quanto indicato nell'appello: Alessandro Barelli è effettivamente il direttore
del Centro Antiveleni nel Dipartimento di Tossicologia Clinica
dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, Largo Agostino
Gemelli 8, Roma, noto anche come "Policlinico Gemelli".
A quanto risulta, il dottor Barelli ha ritrasmesso l'appello dal
proprio indirizzo privato. L'uso dell'indirizzo privato sembra indicare
l'intento di non coinvolgere il Policlinico Gemelli come
autorità garante del messaggio.
Stando alle fonti autorevoli reperibili in Rete, il rischio è molto basso ma non trascurabile, come indicato dal rapporto dell'Istituto Federale tedesco per la Valutazione dei Rischi (http://www.bgvv.de/cm/245/dyes_sudan_I_IV.pdf), che traduco e sintetizzo dall'inglese:
"...il livello nei campioni esaminati negli Stati Membri dell'UE è risultato fra 2,8 e 3500 mg per chilogrammo di polvere di chili... alcune amine che si possono formare nell'assimilazione orale della sostanza sono classificate come cancerogene... A causa del loro meccanismo d'azione non è possibile definire una dose oltre la quale si ha un'azione cancerogena... questo significa anche che non è possibile definire una dose tollerabile giornaliera."
"L'Istituto è giunto alla conclusione che i coloranti Sudan possono in linea di principio nuocere alla salute. L'Istituto nota inoltre che nel caso di consumo singolo o occasionale di alimenti contenenti alcuni milligrammi di coloranti Sudan, il rischio di cancro è probabilmente molto basso. Questa valutazione non si applica, tuttavia, al consumo frequente di cibi e spezie contenenti la sostanza a concentrazioni elevate di varie migliaia di milligrammi... Dato che il rischio aumenta nel caso di consumo frequente... a titolo precauzionale è opportuno assumere la minor dose possibile di queste sostanze".
In estrema sintesi, il rischio è modesto (non è che un vasetto di sugo contaminato fa venire il cancro) ma non nullo, per cui per prudenza conviene ridurre al minimo possibile l'esposizione.
Naturalmente tutto questo va considerato nell'ambito dei tanti
rischi per la salute che corriamo ogni giorno. E' abbastanza inutile
farsi prendere dal panico per aver mangiato un sugo al colorante, se
poi passiamo con indifferenza la vita in mezzo al fumo di sigaretta o
allo smog. L'Unione Europea fa bene a vietare un additivo che ha una
funzione puramente estetica; è una questione di buon senso.
Cerchiamo di averne altrettanto nel reagire a questi allarmi.
Se avete informazioni o correzioni da fornire a quest'indagine, scrivetemi: il mio indirizzo è topone@pobox.com.