Un articolo russo parla di Valentin / A Russian article about Valentin

© 2005 on original material by Paolo Attivissimo. Some rights reserved (alcuni diritti riservati).

Pagina iniziale dell'indagine / First page of the investigation

English abstract

This page provides the English and Italian translation of an article about Valentin Mikhaylin, published on the Russian website Oxpaha.ru. The original text of the article is at Oxpaha.ru. Emphasis was added by me.

I'd like to thank Matteo Mazzoni from Scandicci, Carla Muschio and Tatiana Bellinzona (all named in full with their permission), magowiz and irinanic.s for their translations. The Italian text below is a blend of their versions. The English version is mine, and it's a translation of the Italian translation, so it should be taken with a pinch of salt or two. I used American spelling to avoid complaints about "wrong" spelling from US readers (laugh, it's humor).

Please note: No copyright infringement is intended. Article is translated purely for informational purposes and credit is given to the authors of the original.

Traduzione integrale dell'articolo di www.oxpaha.ru su Valentin Mikhaylin

Ringrazio Matteo Mazzoni di Scandicci, Carla Muschio e Tatiana Bellinzona (citati integralmente col loro permesso), magowiz e irinanic.sper le traduzioni fornite. Il testo italiano che trovate qui sotto è una combinazione delle loro traduzioni. La versione inglese è opera mia, ed è una traduzione della traduzione, per cui va presa con un minimo di cautela. Il testo originale dell'articolo è presso Oxpaha.ru. Le evidenziazioni sono opera mia.

Nota: non si intende violare alcun diritto d'autore. L'articolo è tradotto puramente a scopo informativo e ne vengono indicati gli autori originali.

Il giallo di Kaluga. Un utente di Internet accusato di calunnia (18/4/2000)

Chi l'avrebbe mai detto? Un semplice ragazzotto di Kaluga, per di più invalido, è diventato una vera minaccia per la società Èlektrosvjaz di Kaluga, per la direzione generale delle Poste della regione di Kaluga e per l'ufficio postale cittadino, per la procura cittadina di Kaluga, nonché per la sezione regionale del Servizio di Sicurezza Federale [si tratta dell'ex KGB -- nota del traduttore] e forse anche per migliaia di utenti della rete informatica Internet in Europa.

Premessa

La storia di Kaluga è iniziata modestamente. Valentin Michajlin, studente diciassettenne dell'istituto tecnico edile di Kaluga decise di entrare in Internet. A Mosca la "ragnatela mondiale" è cosa normale: ti compri la carta di uno delle centinaia di provider e vai in giro nella giungla elettronica mondiale a piacimento. Kaluga, anche se è a solo 150 chilometri da Mosca, è una città ancora patriarcale. Qui solo due organizzazioni vi mettono in contatto con Internet: il locale ufficio postale e la società Èlektrosvjaz, che si trovano in edifici vicini. La prima istituzione è statale, la seconda è contemporaneamente l'unico operatore telefonico cittadino e un provider di Internet. Inoltre gli utenti della Rete globale a Kaluga sono circa tremila in tutto, di modo che tutto è in vista.

Alla Èlektrosvjaz chiesero a Valentin Michajlin non solo un documento d'identità, ma anche i documenti del computer e del modem. Questi li presentò. Il 26 agosto 1998 l'Èlektrosvjaz stipulò con lui il contratto n. 29/278-4633. Il pagamento per l'utilizzo di Internet, com'è noto, è a minuti, perciò lo studente Michajlin teneva sotto controllo il tempo di connessione. Qualche tempo dopo notò che ciononostante gli giungevano conti troppo alti. Infatti a novembre era stato in Rete, secondo i suoi conteggi, per 48,60 rubli [circa 1,5 euro -- N.d.t.], ma aveva ricevuto un conto da 422,95 rubli [circa 13 euro -- N.d.t.].

Michajlin scrisse una lettera di protesta al direttore dell'Èlektrosvjaz, dal quale ricevette 20 pagine di resoconto dei suoi collegamenti al server. Osservandolo, Valentin notò delle incongruenze. Per esempio, alle 16.59 sarebbe entrato in Rete e ci sarebbe stato 12 minuti. Ma già alle 17.00, quand'era passato solo un minuto dei dodici, sarebbe entrato in Rete una seconda volta per un minuto e mezzo. Avendo notato queste sovrapposizioni di tempi, lo studente insospettito scrisse di nuovo una lettera di protesta e di nuovo ricevette un rifiuto. Michajlin si sentì offeso e sporse querela per ottenere i soldi dal monopolista di Kaluga. Tuttavia dimostrare qualcosa non gli era facile. Solo una certificazione del gestore telefonico avrebbe potuto confermare il tempo effettivo di connessione al server di Internet, ma ricordiamo che i telefoni di Kaluga sono gestiti dalla stessa Èlektrosvjaz.

Per questo motivo a Valentin Michajlin toccò pagare tutte le bollette fino alla fine del contenzioso: avrebbero potuto tagliargli non solo la Rete, ma anche il telefono di casa.

Il tribunale di Kaluga si rifiutò di esaminare la querela di Michajlin. Allora Valentin inviò a molti utenti locali di Internet un e-mail in cui raccontava il proprio problema. Tutto ciò che gli è successo dopo -- due procedimenti penali -- è secondo Michajlin la vendetta di una potente azienda contro un uomo qualunque.

"Signori! Non mangio da tre giorni!"

Quando ha incontrato l'autore di queste righe, Michajlin ha dimenticato di raccontare per quale scopo utilizzava Internet. "Cari colleghi! Il collettivo dei radioamatori della città di Kaluga è molto preoccupato per via delle analisi di economisti russi e americani, secondo cui il prossimo inverno in Russia avrà terribili conseguenze per la parte più povera della popolazione. Vi chiediamo di aiutarci a stabilire contatti con club di radioamatori e singoli individui nel vostro paese. Chiedete ai membri del vostro club di aiutare i loro colleghi russi. A causa delle suddette difficoltà non possiamo comunicare via radio. Valentin Michajlin, segretario". Secondo il direttore della produzione della Èlektrosvjaz, Anatolij Obuchov, centinaia e migliaia di lettere di questo genere sono partite per l'estero dall'indirizzo elettronico e dal telefono domestico di Valentin Michajlin. I titoli che si attribuiva erano inventati.

Il traffico postale si intensificava particolarmente nel periodo prenatalizio. I testi erano diventati sempre più lamentosi: "Non ci pagano lo stipendio, gli assegni familiari e le pensioni. E' impossibile andare avanti. Vi chiediamo di aiutare i nostri figli inviando cibo per Natale. Dio non vi dimenticherà. Valentin Michajlin, Kaluga, via Ryleev 6-45".

I messaggi erano inviati in inglese ad una lunga lista di indirizzi, ma ad una lista "chiusa", cioè nessun destinatario poteva vedere a chi altro era diretta la comunicazione. Alcuni indirizzi erano scritti in modo tale che tutti gli utenti di un dato nodo ricevessero la lettera.

[Nota tecnica: questa descrizione sembrerebbe indicare che Valentin usasse la funzione BCC o CCN (copia carbone nascosta) dei comuni programmi di posta invece di usare appositi programmi di spamming. Un'operazione decisamente artigianale, insomma]

Tali azioni sono chiamate dagli utenti di Internet "invii senza indirizzo". Non sono considerate reati penali o amministrativi. Esiste, è vero, il concetto di "spam" -- che significa "spazzatura informatica". Tuttavia, i messaggi di Michajlin non erano spam in senso stretto. Per prima cosa, quasi sempre firmava col proprio nome e indicava perfino l'indirizzo di casa (altrimenti come avrebbe ricevuto gli aiuti inviati?); in secondo luogo, nella comunità informatica si considera reato l'invio di messaggi in tutt'altra quantità (diciamo un milione di lettere al giorno) e aventi tutt'altro scopo: a volte gli hacker [sì, lo so che il termine è formalmente scorretto - N.d.T.] inviano contemporaneamente a un dato indirizzo postale così tanti messaggi da bloccare completamente il server. Pare che Valentin Michajlin non si sia dedicato a tali azioni dannose.

Ciononostante a causa di alcune sue lettere erano giunte lamentele. "Uno dei vostri utenti ci invia spam. Le sue lettere sono sospette, noi non abbiamo fornito al vostro utente il nostro indirizzo" : dall'estero giungevano risposte di questo genere alla Èlektrosvjaz di Kaluga e alla Rosnet attraverso la quale essa lavora.

Un bel giorno dal numero di telefono di Michajlin (come ha poi stabilito l'Èlektrosvjaz) è stato inviato a 1700 indirizzi europei un messaggio, a firma dell'amministratore della rete, secondo il quale "noi, ufficiali di Kozël'sk, abbiamo deciso di far esplodere missili nucleari nei grandi centri politici, militari e industriali dell'Europa occidentale". La motivazione era nota: "Siamo stanchi di vedere che i nostri figli si suicidano, che le nostre madri e i nostri padri muoiono di fame". In calce un anonimo aggiungeva: "Vorremmo esprimere gratitudine alla società Èlektrosvjaz per averci dato la possibilità di inviare questo messaggio".

L'ambasciata degli USA e dell'Austria si rivolsero al Ministero degli Interni russo. Il messaggio era reato secondo l'articolo 207 del codice penale della Federazione Russa ("falsa comunicazione riferita intenzionalmente riguardo ad un'azione terroristica") e questo era di competenza dell'FSB [il Servizio di Sicurezza Nazionale, NdT]. Gli inquirenti condussero una perquisizione da Michajlin, gli sequestrarono il computer e avviarono il procedimento n. 49. In verità, i giornalisti di Kaluga dicono che presso la divisione missilistica di Kozël'sk, dove si trovano, secondo fonti occidentali, circa 60 missili SS-19, sono stati effettivamente pagati tutti gli arretrati.

Valentin Michajlin si difese scrivendo una denuncia alla procura, dicendo che dopo essere stato disconnesso da Internet e aver tentato di rivolgersi all'Èlektrosvjaz per stipulare un nuovo contratto, erano giunte in casa sua persone non identificate e gli avevano chiesto di dare loro il computer "per la certificazione".

Al suo rifiuto, i due avrebbero detto a Valentin: "Internet, ragazzo, adesso te la sognerai!". Attraverso lo spioncino, Michajlin era riuscito vedere che i nuovi venuti avevano messo mano a lungo alla centralina telefonica nell'ingresso. Parevano avere in mano un computer portatile. E' possibile, secondo Michajlin, che il messaggio sui missili sia stato inviato da questi due appositamente, per mettere nei guai un abbonato che aveva dato noia all'azienda di telecomunicazioni, ma lui non aveva modo di dimostrarlo.

Valentin fu sottoposto a perizia psichiatrica. Risultò che era sano di mente. Nell'estate, in quanto minorenne, fu amnistiato, e nel procedimento n. 49 rimase un solo imputato: un amico di Michajlin, Oleg Tichonov. Pare che l'autore del falso messaggio fosse proprio lui. Nonostante il minuzioso lavoro della sezione regionale del servizio di sicurezza federale di Kaluga, non sarà facile provare quest'accusa in tribunale. L'intera Internet si trova oggi praticamente fuori dal campo d'azione della legge. E per inviare qualche messaggio a firma altrui e da "telefono altrui", non è affatto obbligatorio passare per vicoli bui. Qualsiasi utente esperto può farlo in qualche secondo con l'aiuto di un programmino non complesso.

Un filo con il mondo

Alle grida d'aiuto elettroniche giunte da Kaluga all'estero hanno risposto in molti. Tra dicembre 1998 e gennaio 1999, la famiglia Michajlin (Valentin, suo fratello maggiore e sua madre) ha ricevuto presso l'ufficio postale n. 30 79 buste dall'estero, e nei primi cinque mesi del 1999 -- altre 24 buste e 48 pacchi. Si trattava di oggetti, cibo e semplicemente soldi. Evidentemente è per questo che Michajlin e i membri della sua famiglia, pur non avendo lavoro, hanno potuto non solo pagare Internet, ma anche ingaggiare un avvocato.

Nell'ufficio postale n. 30 Valentin aveva una casella. Quando la quantità di merci ricevute dai Michajlin raggiunse il massimo consentito, tentarono di ridefinire il contratto: per un'impresa commerciale registrata come persona giuridica, l'uso di una casella postale costa molto di più. Michajlin scrisse una lettera di lamentele alle poste, affermando che riceveva aiuti umanitari senza per questo essere diventato persona giuridica...

Tra gli invii ve ne erano alcuni valutati dal mittente più di 100 dollari. Secondo le leggi doganali, in questo caso era necessario pagare un'imposta. I Michajlin si rifiutarono e presero a lamentarsi: che scandalo! A loro, miseri invalidi, non era permesso di ricevere un regalo di Natale! Così ai "nemici" della famiglia Michajlin si aggiunsero il distretto postale di Kaluga e la dogana.

Ben presto gli impiegati delle poste di Kaluga cominciarono a notare la comparsa di strane lettere: a molte modeste organizzazioni di Kaluga (per esempio all'istituto tecnico professionale per cuochi) giungevano cartoline postali anonime dal seguente contenuto: "Cari compagni! Alcune organizzazioni benefiche straniere più di una volta hanno inviato al vostro indirizzo lettere con assegni allegati. Ma su ordine della dogana di Kaluga, tutte le vostre lettere sono state rubate. Con autentico dispiacere, ingegner Vasin, Kaluga". In città comparvero anche volantini: "Aiutate a catturare i ladruncoli delle poste! All'indirizzo dei filatelisti di Kaluga arrivano ogni giorno dall'estero centinaia di lettere, che non giungono ai destinatari. Chiediamo alle persone oneste di consegnare i ladruncoli e i loro favoreggiatori, in cambio di una sostanziosa ricompensa". Evidentemente qualcuno voleva fare uno sgarbo agli impiegati delle poste e della dogana.

Le lamentele nei confronti degli impiegati delle poste di Kaluga giunsero perfino... all'ambasciata svizzera in Russia. Il 4 ottobre dello scorso anno quest'ambasciata inviò alla commissione statale per le telecomunicazioni della Federazione Russa la nota n. 630, in cui si diceva: "Secondo le informazioni a nostra disposizione la corrispondenza postale tra le aziende svizzere e i loro destinatari russi viene sistematicamente aperta... Alcune lettere inviate per posta ordinaria non giungono affatto al destinatario. Tali violazioni hanno luogo nella regione di Kaluga". L'azienda statale per le telecomunicazioni scrisse una nota all'allora direttrice dell'ufficio postale internazionale moscovita, Valentina Savina, che dispose un'indagine a Kaluga. Il risultato fu che il 28 ottobre 1999 giunse la risposta: tali fatti non erano confermati e "forse all'ambasciata svizzera si erano rivolti alcuni membri della famiglia Michajlin, noti da tempo, che da molti anni si occupano di accattonaggio internazionale". "Inviando lettere in tutto il mondo, - scrive la Savina a proposito dei Michajlin - questi si presentano come invalidi e indigenti e inviano informazioni calunniose su torti da essi subiti. Dopo aver creato una grande rete di contatti all'estero, i Michajlin hanno preso ad inviare notizie false sulla perdita di buste, inviate al loro indirizzo, costringendoli ad inviare nuove buste e reclami contro il servizio postale della Federazione Russa".

Oggi gli agenti del servizio di sicurezza, il distretto postale e la dogana affermano in coro: "Tutto il materiale anonimo è opera dei Michajlin! E di nessun altro!". Kaluga è veramente una piccola città e, come suol dirsi, tutti sanno tutto di tutti, ma, guardando avanti, notiamo: dimostrare questo in tribunale sarà tutt'altro che facile.

Calunnia alla Kalughese

Nella buia sera autunnale del 3 ottobre dello scorso anno, i sorveglianti dell'ufficio postale di Kaluga notarono due persone presso l'ingresso. Uscendo, trovarono un foglio anonimo appeso alla porta, secondo il quale cinque funzionari del distretto postale, di cui si fornivano gli indirizzi e i numeri di telefono di casa, si erano appropriati di denaro per l'ammontare di 650.000 rubli [oltre 20.000 euro -- N.d.t.]. Il distretto postale si rivolse alla procura.

"Michajlin! - stabilirono -- Nessun altro!" E avviarono un secondo procedimento penale, n. 2770, secondo uno degli articoli "morti" del codice penale della Federazione Russa, il 129: "calunnia".

Di solito gli organi giudiziari rifiutano di avviare procedimenti penali per calunnia: è chiaramente un "articolo in sospeso" -- ancora nessuno, nel nostro paese, è mai stato "al fresco" a causa di quest'articolo. Di solito alla parte lesa tocca accontentarsi di intentare una causa civile contro il calunniatore. Ma in questo caso gli organi giudiziari sono stati così duri coi Michajlin, che per dei fogli incollati ad una porta è stato creato un gruppo di inquirenti capeggiato dal magistrato addetto alle questioni più importanti!

L'11 novembre fu compiuta una perquisizione presso l'abitazione di Michajlin. Come insegnano i film sulla polizia sovietica, quasi a mezzanotte. Secondo il mandato di perquisizione, si cercava materiale tecnico per l'organizzazione e la riproduzione a mezzo stampa. Evidentemente non ne trovarono, perché per qualche motivo sequestrarono un coltello da cucina simile a un machete, un libretto scolastico dell'istituto tecnico, 500 rubli e 140 dollari; e una delle persone che si occuparono della perquisizione risultò essere un abitante di Anapa [una cittadina sul mar Nero, assai lontana da Kaluga -- N.d.t.]. Nell'appartamento della madre di Michajlin non trovarono neanche cose di questo genere; perciò, come afferma Elena Michajlina, ammucchiarono sul balcone mele e patate, che "si congelarono". La Michajlina scrisse una lettera di lamentele alla procura generale di Mosca, dicendo che, dopo il sequestro degli ultimi soldi e il danneggiamento del cibo, non aveva di che comprarsi da mangiare.

Il 15.12.1999 ricevette una risposta dalla procura cittadina di Kaluga. Indovinate quale? "I Suoi diritti non sono stati violati... Non è stata trovata prova che siano stati danneggiati oggetti, sia stato provocato disordine, o siano stati rovinati prodotti alimentari come da Lei affermato". E i soldi, pare, erano stati sequestrati "per sicurezza nel caso di una possibile ulteriore causa civile"!

Il diciassettenne Valentin Michajlin fu inviato a un carcere per la detenzione provvisoria. Fu rilasciato per decisione del tribunale dopo aver firmato l'impegno a non lasciare la città, anche se il procuratore cittadino tentò di impugnare questa decisione. Michajlin affermò di non avere nulla a che fare con il foglio e che allora si trovava in campagna. Contro di lui testimoniarono gli impiegati della Èlektrosvjaz e della posta, che secondo Michajlin erano parti interessate. La logica del suo ragionamento è questa: se su un cancello c'è scritta una parolaccia e voi tirate dritto vedendola, ciò non significa che ne siete l'autore.

Michajlin richiese un esame chimico del foglio e della colla e un esame dattiloscopico. Tutte le richieste furono respinte: a tutta Kaluga era chiaro che si trattava di lui, di Michajlin. E nessun altro. Nessuno a Kaluga riceve pacchi "da oltre il poggio".

Epilogo

A giorni, nella città di Ciolkovskij avranno luogo due processi: uno al "terrorista missilistico" Oleg Tichonov, un altro al malefico calunniatore Valentin Michajlin. Se in tribunale saranno confermate le accuse a Tichonov, praticamente per la prima volta in Russia un teppista informatico sarà riconosciuto colpevole. Per quanto riguarda la calunnia, l'avvocato di Michajlin, Aleksandr Malachov, ritiene di poter vincere la causa. "Sì, i Michajlin sono gente strana, sì, non vivono come tutti, - dice -- Forse li si può anche condannare - moralmente. Ma non c'è motivo di incarcerare Michajlin".

Ci dispiace per i coscienziosi impiegati delle poste di Kaluga, che per un misero stipendio scaricano tonnellate di dubbi pacchi per chissà chi. Ci dispiace per gli impiegati della società Èlektrosvjaz, per la procura e la sezione regionale del servizio di sicurezza federale, sui quali piovono come cenere stupide lamentele. Ci dispiace anche per il bislacco Michajlin. La tragicommedia consiste nel fatto che se Valentin fosse moscovita, difficilmente qualcuno avrebbe fatto caso alle sue azioni: cosa sono tali marachelle infantili in confronto a certi affari della capitale?

Novye Izvestija ["Nuove notizie"], 18.04.2000

© Redazione del giornale www.OXPAHA.ru (gazeta@OXPAHA.ru).

The riddle of Kaluga. Internet user accused of slander (18/4/2000)

Who would have thought? An ordinary young man from Kaluga, an invalid to boot, has become a genuine threat for Kaluga's Èlektrosvjaz company, for the head office of the mail service of the Kaluga region, for the city's post office, for Kaluga's Public Prosecutor's office, and for the regional department of the Federal Security Service [translator's note: formerly known as the KGB] and possibly for thousands of users of the Internet in Europe.

How it all began

The tale of Kaluga had a very modest beginning. Valentin Michajlin, a seventeen-year-old student at the builders' technical school in Kaluga, decided to go on the Internet. In Moscow, the "world wide web" is ordinary stuff: you buy the card of one of hundreds of providers and you surf the global electronic jungle as you wish. But Kaluga, although only 150 km from Moscow, is still a patriarchal city. There are only two organizations that can get you onto the Internet: the local Post Office and the Èlektrosvjaz company, whose buildings happen to stand close to each other. The former is State-run, while the latter is the city's only telephone service provider as well as an Internet provider. Moreover, there are approximately three thousand Internet users in all in Kaluga, so everything is in full view.

Èlektrosvjaz asked Valentin Michajlin not only for his ID papers, but also for the documents of the computer and of the modem. Valentin provided them. On 26 August 1998, Èlektrosvjaz agreed contract no. 29/278-4633 with him. Payment for Internet usage is by the minute, as is well-known, so the student kept an eye on the connection time. Yet after a while he noticed that his bills were too high. In November, according to his records, he had been on the Internet for 48.60 roubles [roughly 1.5 euros], but he had received a bill for 422.95 roubles [about 13 euros].

Michajlin wrote a letter of complaint to the director of Èlektrosvjaz and received back 20 pages of logs of his connections to the server. Leafing through them, Valentin noticed some inconsistencies. For example, at 16:59 he allegedly went online and stayed online for 12 minutes. But at 17:00, after only one of the 12 minutes had passed, he apparently went online a second time, for one-and-a-half minutes. Having noticed these overlapping times, the suspicious student wrote a second letter of complaint, which was again refused. Michajlin felt offended and filed a legal action to recover his money from the monopolist of Kaluga. However, it was not easy for him to prove anything. Only a certification from the telephone operator would have confirmed the actual connection time to the Internet server, but one has to remember that Èlektrosvjaz also runs Kaluga's telephones.

So Valentin Michajlin had to pay all the bills until the dispute was resolved: they could have not only taken him offline, but disconnected his home telephone as well.

The court of Kaluga refused to examine Michajlin's legal complaint, so Valentin sent many local Internet users an e-mail in which he reported his problem. According to Michajlin, everything that happened to him -- two criminal trials -- is the revenge of a powerful company against an ordinary citizen.

"Sirs! I haven't eaten for three days!"

When Michajlin met this reporter, he forgot to mention what he had been doing on the Internet. "Dear colleagues! The ham radio operator's collective in the city of Kaluga is very concerned about the analyses of Russian and American economists, according to whom the next winter in Russia will have terrible consequences on the poorest part of the population. We are asking you to help us contact ham radio clubs and individuals in your country. Ask the members of your club to help their Russian colleages. Because of these difficulties, we cannot communicate by radio. Valentin Michajlin, secretary". According to Anatolij Obuchov, production manager of Èlektrosvjaz, hundreds and thousands of letters of this kind were sent abroad from Valentin Michajlin's e-mail address and home telephone. The titles he gave himself were bogus.

The e-mail traffic would become particularly intense before Christmas. The appeals had become increasingly tragic: "They're not paying our salaries, benefits and pensions. It is impossible to manage. We ask you to help our children by sending food for Christmas. God will not forget you. Valentin Michajlin, Kaluga, Ryleev street 6-45".

The messages were sent in English to a long list of addresses, but to a "closed" list, i.e., no recipient could see the others. Some addresses were written so that all the users of a given node would receive the message.

[Technical note: this description would appear to indicate that Valentin used the BCC (blind carbon copy) option of an ordinary e-mail program rather than specifically spam-oriented programs. In other words, his was a definitely homebrew operation]

Internet users call these actions "unaddressed mail". They're not considered criminal or civil crimes. Yes, there is the concept of "spam", which means "computer trash", but Michajlin's messages were not spam in the strictest meaning of the term. First of all, he almost always signed his name and even gave his home address (how could he receive aid if he did otherwise?); secondly, the computer community considers it a crime when one sends a far larger number of messages per day (e.g., a million e-mails per day) for entirely different purposes: sometimes hackers [yes, I know, deprecated usage of this term] send so many messages to a given e-mail address that they completely paralyze the server. Apparently, Valentin Michajlin did not engage in this harmful behavior.

Nonetheless, complaints had been received because of some of his messages. "One of your users is spamming us. His messages are suspicious, we did not give your user our address" : Kaluga's Èlektrosvjaz and Rosnet, through which the company operates, were receiving replies of his kind.

One day, Michajlin's telephone number was used (as Èlektrosvjaz later established) to send to over 1700 European addresses a message signed by the network administrator, which said that "we, officers of Kozël'sk, have decided to detonate nuclear missiles in the large political, military and industrial complexes of Western Europe". The reason was well-known: "We're tired of seeing our children commit suicide, and our mothers and fathers die of hunger". An anonymous writer appended this note: "We would like to express our gratitude to the Èlektrosvjaz company for allowing us to send this message".

The US and Austrian embassies contacted the Russian Ministry of the Interior. That message was a crime according to article 207 of the penal code of the Russian Federation ("false communication intentionally reported in relation to a terrorist action") and fell within the duties of the FSB [the National Security Service]. Investigators conducted a search at Michajlin's home, confiscated his computer and started legal procedure no. 49. Actually, reporters in Kaluga say that all arrears have been paid at the missile division of Kozël'sk, where Western sources say there are approximately 60 SS-19 missiles.

Valentin Michajlin defended himself by writing a report to the Prosecutor's office, saying that after he had been disconnected from the Internet and had tried to contact Èlektrosvjaz to sign a new contract, unidentified individuals had come to his home and had asked him to give them his computer "for certification purposes".

When he refused, the two individuals allegedly told Valentin: "Then you'll have the Internet only in your dreams, kid!". Through the peephole, Michajlin was able to see that the individuals had tampered for a long time with the telephone box in the entrance hall. They were apparently holding a portable computer. According to Michajlin, the missile-related message may have been sent on purpose by these two individuals to cause trouble to a subscriber who had been an annoyance to the telecommunications company, but he had no way to prove this.

Valentin was subjected to a psychiatric assessment and was found to be of sound mind. In the summer, as he was a minor, he received an amnesty, and legal procedure no. 49 was left with a single defendant: Oleg Tichonov, a friend of Michajlin's. Apparently, Tichonov was the author of the fake message. Despite the careful work of the regional department of the Federal Security Service of Kaluga, it will not be easy to prove this accusation in court. Today, all of the Internet is practically beyond the reach of the law. To send a few messages in someone else's name and from someone else's telephone, there's no need to take a walk in dark alleys. Any expert user can accomplish this in a few seconds with a simple program.

A line to the world

Many people replied to the electronic cries for help that arrived abroad from Kaluga. Between December 1998 and January 1999, the Michajlins (Valentin, his elder brother and his mother) received, at Post Office no. 30, 79 envelopes from abroad, and received a further 24 envelopes and 48 parcels in the first five months of 1999. They contained various items, food and just money. Clearly, this is why Michajlin and the members of his family, despite being jobless, were able not only to pay for Internet access but also to hire a lawyer.

Valentin had a mailbox at Post Office No. 30. When the amount of goods received by the Michajlins reached the maximum allowance, they tried to redefine the contract: use of a mailbox is much more expensive for a business concern registered as a juridical person. Michajlin wrote a letter of complaint to the Post Office, saying that he was receiving humanitarian aid but this had not turned him into a juridical person...

The mail included some items valued by the sender at more than 100 dollars. According to customs laws, in this case it was necessary to pay tax. The Michaylins refused and started complaining: what a cheek! The poor invalids weren't allowed to receive a Christmas present! So the mail district of Kaluga and the Customs were added to the list of "enemies" of the Michajlin family.

Soon the employees of the Kaluga Post Office started to notice strange letters: many small organizations in Kaluga (for example, the technical school for cooks) were receiving anonymous postcards with this message: "Dear comrades! More than once, foreign charities have sent letters with checks to your address. But by order of Kaluga Customs, all your letters were stolen. With sincere regrets, Engineer Vasin, Kaluga". Leaflets also appeared in town: "Help us to catch mail thieves! Hundreds of letter are sent every day from abroad to the address of the stamp collectors of Kaluga, but fail to reach the addressees. In exchange for a substantial reward, we are asking honest people to report the thieves and those who assist them". Clearly, someone wanted to harass the employees of the Customs and Post Office.

Complaints against Kaluga's mail workers got as far as the Swiss embassy in Russia. On the 4th of October of last year, the embassy sent Note no. 630 to the State Telecommunications Commission of the Russian Federation, stating that: "According to information we have, mail between Swiss companies and their Russian correspondents is opened systematically... Some letters sent by regular mail never reach their addressee. These violations occur in the region of Kaluga". The state telecommunications company wrote a note to Valentina Savina, who at the time was director of the Moscow international post office. Savina ordered an inquiry in Kaluga. The result was that on 28 October 1999, the reply came that these facts were not confirmed and that "perhaps the Swiss embassy had been contacted by members of the Michajlin family, long known to us, who have been busy with international begging for many years". "By sending letters worldwide, - writes Savina about the Michajlins - these people describe themselves as penniless invalids and disseminate slanderous information regarding the wrongs that they have suffered. Aftter creating a large network of contacts abroad, the Michajlins have started to send false information about the loss of envelopes sent to their address, forcing them to send new envelopes and complaints against the mail service of the Russian Federation".

Today, the agents of the security service, the mail district and the Customs all join the chorus in saying that "All the anonymous material is the Michajlins' doing! And nobody else's!". Kaluga is a really small town, and as the saying goes, everbody knows everyone else's business. But looking ahead, we notice that proving all this in court will not be easy.

Slander, Kaluga style

In the dark autumn evening of the 3rd of October of last year, the guards of the Kaluga Post Office noticed two individuals in the vicinity of the entrance. When they went out, the guards found an anonymous leaflet hanging on the door, claiming that five officers of the mail district, whose home addresses and telephone numbers were given, had embezzled money for 650,000 roubles [over 20,000 euros]. The post district contacted the Prosecutor's office.

"Michajlin! -- they established -- Nobody else!". They started a second criminal trial, no. 2770, based on one of the "dormant" articles of the penal code of the Russian Federation, i.e., no. 129, which deals with slander.

Usually, the courts refuse to start criminal trials for slander: this is clearly a "suspended article" - so far, nobody in our country has ever gone to jail because of this article. The slandered party usually has to make do with a civil action against the slanderer. But in this case, the judicial authorities were so tough with the Michajlins that a team of investigators led by the magistrate assigned to the most important cases was created in response to those sheets of paper stuck to a door!

On November 11, Michajlin's home was searched. As the films about Soviet police teach, the search was conducted nearly at midnight. According to the search warrant, the search sought technical material for organization and printing. Obviously they found none, because for some reason they confiscated a machete-like cooking knife, a school book of the technical institute, and 500 roubles and 140 dollars, and one of the people who dealt with the search turned out to be an inhabitant of Anapa [a small town on the Black Sea, quite far from Kaluga]. They failed to find even items of this kind in Michajlin's mother's apartment, so as Elena Michajlina states, they stacked apples and potatoes on the balcony, where "they froze". Michajlina wrote a letter of complaint to the General Prosecutor's Office in Moscow, saying that after the confiscation of the last money and the damage to the food, she had no way to buy anything to eat.

On December 15, 1999, she received a reply from the Prosecutor's office in Kaluga. Guess what the reply said? "Your rights were not violated... No evidence was found that items were damaged, or that the house was left untidy, or that food was damaged as you claim". And the money, apparently, had been confiscated "for safety in case of another civil action"!

The seventeen-year-old Valentin Michajlin was sent to a prison for temporary detention. He was released by court order after signing a pledge not to leave the town, despite the town Prosecutor's attempts to contest this ruling. Michajlin stated that he had nothing to do with the leaflet and that at the time he was in the countryside. The employees of Èlektrosvjaz and of the post office, who according to Michajlin were interested parties, testified against him. His argument is that if there's a swearword on a gate and you walk on by after seeing it, that doesn't mean you wrote it.

Michajlin requested a chemical examination of the leaflet and of the glue and a fingerprinting. All these requests were rejected: it was obvious to everyone in Kaluga that it was him, Michajlin. Nobody else. Nobody in Kaluga receives parcels "from over the hill".

Epilogue

In a few days' time, two trials will take place in Ciolkovskij's city: one against the "missile terrorist" Oleg Tichonov and one against the evil slanderer Valentin Michajlin. If the accusations against Tichonov are confirmed in court, it will be essentially the first time that a computer vandal will be found guilty. As regards the slander, Michajlin's lawyer, Aleksandr Malachov, believes he can win the case. "Yes, the Michajlins are strange people; yes, they don't live like everybody else, -- he says -- Maybe you can condemn them -- morally. But there's no reason to put Michajlin in jail".

We're sorry for the conscientious mail workers in Kaluga, who in exchange for a miserable salary unload tons of questionable parcels for goodness knows who. We're sorry for the employees of Èlektrosvjaz, for the Prosecutor's office and for the regional department of the federal security service, flooded with stupid complaints. We're also sorry for the quirky Michajlin. The tragicomedy is that if Valentin were a Muscovite, it's unlikely that anyone would have noticed his behavior: compared to certain dealings in the capital city, his childish pranks are trivial.

Novye Izvestija ["News"], 18.04.2000

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