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Sta imperversando nella Rete italiana un documento in formato PowerPoint, del peso di circa 170K, che descrive uno “studio del Politecnico di Milano”, secondo il quale la presunta imminente guerra in Iraq sarebbe un colossale affare che agli Stati Uniti non costerebbe un centesimo, ma dal quale anzi gli USA trarrebbero circa 20 miliardi di dollari di guadagno, e che la guerra sarebbe in realtà pagata da “noi”, che presumibilmente saremmo noi europei.
L'indagine antibufala completa, con il testo integrale dell'appello e le smentite del Politecnico e di Emergency, è disponibile qui:
http://www.attivissimo.net/antibufala/perche_si_fa_guerra.htm
L'appello dichiara di provenire da una fonte apparentemente autorevole: uno “studio” (o una “lezione”) del Politecnico di Milano. Questo fa pensare che si tratti di una serie di dati raccolta scrupolosamente, attingendo alle fonti più affidabili e sottoposta al vaglio scientifico che ci si aspetta da uno studio condotto da esperti universitari. Purtroppo non è così.
Infatti non si tratta di uno studio del Politecnico di Milano, ma semplicemente di “una risposta a una domanda al termine di una lezione”, data da un professore, e poi ripresa da uno studente che l'ha trasformata in un documento PowerPoint, aggiungendovi parecchi svarioni. Inoltre il professore in questione ha dichiarato (come potete leggere nell'indagine completa) che l'unica fonte di tutti i dati è un libro di Lucia Annunziata, sulla cui affidabilità non mi permetto dubbi, ma che rimane comunque una fonte piuttosto indiretta e poco ufficiale dalla quale attingere informazioni.
Non solo: i dati sono stati riportati “a memoria”, come spiegato dal professore del Politecnico, quindi senza verificarli sul testo dell'Annunziata. Con tutto il rispetto per le capacità mnemoniche del professore, questo che non promette bene per la loro esattezza. Infatti il professore ha dichiarato, come potete leggere nell'indagine completa, che le cifre sono diverse da quelle riportate nell'appello.
C'è di peggio: come accennavo, l'appello che circola non è stato redatto direttamente da un responsabile del Politecnico, ma semplicemente ripreso da uno studente che, racconta il professore, “ha creato a mia insaputa il file che sta circolando, indicando solo indirettamente che la redazione non è mia (“Tratto da …”), senza precisare che citavo a memoria (le cifre reali sono più alte da quelle da me riportate), introducendo alcune imprecisioni (ad esempio che le "sette sorelle [sono], tutte americane, di cui 5 di proprietà statale”) e notizie di cui non conosco l’attendibilità”.
Riassumendo: l'appello si basa su dati citati andando a memoria, tratti da un'unica fonte giornalistica, e conditi con imprecisioni aggiunte da terzi. Altro che “studio del Politecnico”.
I risultati di questa catena di leggerezze sono piuttosto vistosi. L'appello, infatti, contiene numerose inesattezze. Per esempio, il petrolio è salito sì a 42 dollari il barile durante la Guerra del Golfo, ma per un periodo breve, ed è sceso subito dopo a livelli inferiori a quelli prebellici; pertanto sembra assai poco plausibile un fulmineo “guadagno di 60 miliardi di dollari”.
L'affermazione che “nel Medio oriente l'estrazione ed il commercio del petrolio è TOTALMENTE in mano alle 7 sorelle (Shell, Tamoil, Esso...) tutte americane, di cui 5 di proprietà statale americana” è clamorosamente errata, e per ben tre ragioni:
-- primo, l'estrazione ed il commercio del petrolio mediorientale non è affatto "totalmente" in mano a società americane: per esempio, società russe, cinesi e francesi hanno sostanziosi contratti per l'estrazione del petrolio iracheno, bloccati dall'embargo ONU (http://www.msnbc.com/news/824407.asp?cp1=1). La presenza statunitense è preponderante, ma non assoluta.
-- secondo, non esistono compagnie petrolifere “statali” negli USA. Sono tutte società private. Pertanto la ripartizione dei presunti “guadagni” fra “governo USA” e “privati USA” non ha senso. Al massimo, si può dire che gli ipotetici guadagni sono andati tutti alle società petrolifere statunitensi, ma non certo al governo USA.
-- terzo, la Tamoil è una società libica e non una multinazionale USA, come si rileva facilmente da una ricerca in Google.
L'appello afferma anche che le armi di distruzione di massa sarebbero “sviluppabili solo con un'altissima tecnologia e notevoli capitali, due cose che l'Iraq proprio non possiede”. Purtroppo, invece, le tecnologie necessarie per le armi chimiche sono molto modeste e l'Iraq dispone sì dei capitali per fabbricarle, come ben sanno i curdi e come dimostrato dalle recenti operazioni ONU di distruzione di testate chimiche all'iprite e dalla distruzione dei missili al-Samoud II, che di certo non costano noccioline. Così come di certo non costano quattro soldi i numerosi palazzi faraonici di Saddam.
Ovviamente la presenza di errori così macroscopici nel documento pone seri dubbi sull'esattezza delle altre informazioni riportate. Il vero problema è che nessuna di queste informazioni viene citata fornendo una fonte, e questo è un pessimo modo di operare. Ci viene chiesto di credere sulla fiducia a quanto viene detto: altro che “ragionare con la propria testa” come dice l'appello.
Ma soprattutto, a prescindere dall'esattezza o meno delle cifre citate, non sta in piedi il ragionamento “la Guerra del Golfo l'abbiamo pagata noi”. Secondo l'appello, l'avrebbero pagata “quelli che utilizzano il petrolio... cioè noi!”. Questa frase sembra creare una contrapposizione tra “noi” europei e “loro” americani, per cui si ha l'impressione che gli USA, da bravi capitalisti purosangue, abbiano fatto la guerra e intascato miliardi di dollari spillandoli tutti agli europei.
Ma se il prezzo del petrolio aumenta, aumenta in tutto il mondo, Stati Uniti compresi. E mi pare proprio che anche gli americani consumino petrolio nelle loro auto, nel riscaldamento e nell'industria, proprio come noi europei (forse di più), e se il petrolio rincara, rincara anche per gli americani. In altre parole, un rincaro del petrolio ricade su tutti i paesi del mondo e persino sui militari e sui governi, dato che anche loro devono pagare il carburante ai prezzi maggiorati.
La Guerra del Golfo, pertanto, l'hanno pagata anche gli USA sotto forma di petrolio più caro. Si può argomentare forse che c'è stato un arricchimento da parte delle compagnie petrolifere a danno dei consumatori (di tutto il mondo, americani compresi) e dei governi (di tutto il mondo, americani compresi), ma si tratta di un arricchimento che ha beneficiato anche le compagnie petrolifere non-USA (arabe, russe, venezuelane, libiche, cinesi, francesi e britanniche, per esempio). Di certo, insomma, la situazione non è così semplice come viene dipinta dall'appello.
Il mio consiglio è pertanto di non distribuire l'appello, in quanto contiene dati e ragionamenti errati che di certo non aiutano la causa della pace come invece dichiarano di voler fare. Non è certo con dati falsi e ragionamenti incoerenti che si aiuta la gente a”ragionare con la propria testa“.
Sul fatto che nell'intervento militare in Iraq vi siano in gioco interessi economici enormi, come in qualsiasi operazione militare, non vi è alcun dubbio. L'aspetto bufalino sta nell'uso di dati errati, nelle dichiarazioni di falsa autorevolezza e nel ragionamento “paghiamo soltanto noi europei”. In tutti questi sensi, l'appello è una bufala.
Un'altra ottima ragione per non distribuire l'appello è che diffonderlo potrebbe causare dei danni di immagine al Politecnico e/o ad Emergency, che un lettore distratto potrebbe ritenere ideatori e "autenticatori" della cosa. Visto il lavoro che fa Emergency in giro per il mondo, non mi sembra il caso di distribuire dei documenti che rischiano di provocargli un danno di immagine.
Insomma, questa è una classica dimostrazione dei danni involontari che può causare la diffusione di un appello senza le debite precauzioni: lo studente l'ha fatto circolare, e chi ci rimette adesso è il professore, tempestato di richieste di chiarimento e diffamato, in un certo senso, dal fatto che gli vengono attribuite dichiarazioni grossolanamente superficiali e inesatte.
Qualche giorno fa ho scritto per Apogeonline un articolo sui sistemi che proteggono le carte di credito: è saltato fuori che sono molto più vulnerabili di quanto si pensi. La scoperta di un esperto di sicurezza, che ha dimostrato che bastano in media tredici tentativi a un addetto ai lavori per scoprire il PIN di una carta i credito, ha mandato nel panico la Diners, che ha tentato istericamente (e c'è riuscita) di censurare la pubblicazione scientifica della notizia, anche se ormai è di dominio pubblico. Un clamoroso esempio di come la "security through obscurity" non funziona, eppure viene ostinatamente utilizzata da banche e governi:
http://www.apogeonline.com/webzine/2003/02/25/01/200302250101
Trovate anche un approfondimento sulla vulnerabilità delle carte di credito sulla rivista Wired (in inglese):
http://www.wired.com/news/privacy/0,1848,57823,00.html
Ciao da Paolo.
“Prima o poi arrivano anche da noi.............” inizia l'appello che circola in Rete da metà febbraio. “Non sono gonne trasparenti. Sono stampe sulle gonne che fanno sembrare che si vedano le mutande: attualmente molto di moda in Giappone. Non mi sembra ci siano anche per l'uomo, dovremo attendere un po'.”
L'appello è accompagnato da una serie di foto che sembrano mostrare gonne sulle quali sono stampate immagini di gambe e posteriori mutandati che danno l'illusione di essere quelli della persona che indossa la gonna.
Altro che nuova moda giapponese! Le immagini sono dei fotomontaggi digitali. Lo si nota da un particolare rivelatore in una delle immagini, quella della donna con la borsetta marrone: il bordo della mutandina, sul gluteo sinistro, si vede attraverso la maniglia della borsetta. Basta ingrandire l'immagine per notarlo.
Inoltre, come segnalato dal famoso sito antibufala Snopes.com presso http://www.snopes.com/photos/skirts.asp, in tutte le foto le immagini delle mutande e delle gambe sono sempre perfettamente allineate con la posizione del sedere e delle gambe delle “modelle”, cosa impossibile da ottenere nella realtà. Il fotomontaggio è ottenuto abbastanza semplicemente, scattando due foto alla “modella” nella medesima posizione: una con la gonna e una senza. Poi con il fotoritocco digitale si fondono le due immagini.
Il fatto che sia una bufala è confermato ulteriormente da altre fonti come ad esempio il sito Web di moda Japanese Streets (http://www.japanesestreets.com/jsnews), che il 22 febbraio 2003 ha pubblicato un articolo, “Fashion Hoax Fools People Worldwide”, che riporta il testo inglese di questa bufala, grosso modo corrispondente a quello italiano: “What you see below are not see-thru skirts. They are actually prints on the skirts to make it look as if the panties are visible and the current rage in Japan.”
Japanese Streets riferisce che “in molti hanno scritto a Kjeld Duits, giornalista e fotografo di moda operante in Giappone” nonché gestore del sito stesso “chiedendo aiuto per trovare chi produce questi indumenti”, ma Duits chiarisce che la gente “non si rende conto che questo tipo di fotomontaggi è molto popolare nelle riviste porno giapponesi più economiche”. Duits, in una intervista per il Toronto Star (http://www.thestar.com/NASApp/cs/ContentServer?pagename=thestar/Layout/Article_Type1&c=Article&cid=1035778292167&call_pageid=973280119494&col=969048867776) racconta che queste riviste spesso affermano di aver scattato queste immagini usando “un obiettivo speciale che consente loro di fotografare attraverso i vestiti”. Se a qualcuno questo ricorda certi “occhiali a raggi X” pubblicizzati da certi fumetti in epoche ormai passate e più ingenue, è in buona compagnia.
Chi ci è cascato? A parte i tanti utenti della Rete che hanno propagato questa bufala, lo stesso articolo del Toronto Star riferisce che ha abboccato anche il giornale Sunday Mail del Queensland, in Australia, con un articolo intitolato "A Cheeky Skirt" che sostiene (senza prendersi la briga di verificare) che questi indumenti “stanno impazzando a Tokyo”. A riprova che le penne rubate all'agricoltura non sono un'esclusiva italiana.
Attenzione, però: in in certo senso, la bufala potrebbe diventare realtà: infatti Duits riferisce che un importatore israeliano, al quale ha spiegato che quelle gonne non esistevano, avrebbe deciso di fabbricarle. In tal caso, però, le leggi dell'ottica obbligheranno a risultati molto meno realistici di quelli mostrati nei fotomontaggi di questo appello.
Un altro modo in cui le immagini riprese attraverso i vestiti potrebbero diventare realtà è la tecnologia del terahertz imaging, descritta ad esempio presso Space.com (http://www.space.com/businesstechnology/technology/t-ray_camera_020613.html), che racconta delle prove pratiche condotte dall'agenzia spaziale europea: l'articolo mostra una foto di una mano ripresa attraverso un ostacolo opaco di un centimetro e mezzo di spesso (un blocco note) e un'immagine di una persona vestita, “denudata” da questa tecnologia.
Non eccitatevi: le immagini vanno bene per rivelare un'arma nascosta, ma per il resto non sono paragonabili ai fotomontaggi giapponesi, che sono e restano bufale.
Grazie ai lettori che mi hanno mandato la citazione del Servizio Antibufala della rivista Max. Nel numero del mese prossimo dovrebbe esserci una mia intervista, per cui avete finalmente un motivo serio (donnine a parte, insomma) per acquistarla.
Un lettore mi ha segnalato che il Servizio Antibufala è stato citato dal Venerdì di Repubblica di oggi 7/3/2003. Siccome non abito in Italia, se qualcuno fosse così gentile da appagare la mia smisurata vanità e scansionarmene una copia, gliene sarei grato.
Molti ma molti anni fa scrissi un testo, il “Manuale di autodifesa telefonica” (una guida ai trucchi della telefonia italiana dell'epoca), e lo distribuii in Rete, o per meglio dire su Fidonet. Misteriosamente, nei miei archivi non ne ho più traccia, salvo una bozza assai incompleta. Qualcuno ne ha una copia?
Sono stato contattato direttamente dal professor Rodolfo Soncini-Sessa, del Politecnico di Milano (citato qui con il suo permesso), che tiene il corso da cui sarebbero state tratte le informazioni citate nell'appello “Perché si fa una guerra”, già descritto nella newsletter scorsa, che mi ha chiarito la sua estraneità all'appello. Come già accennato, l'appello è invece una libera interpretazione, da parte di uno studente, di una risposta fornita dal professore al termine di una lezione.
Mi ha scritto anche lo studente autore della presentazione PowerPoint che accompagna l'appello, chiedendo di pubblicare una rettifica. Il testo integrale della rettifica e un massiccio aggiornamento dell'indagine antibufala sono disponibili presso
http://www.attivissimo.net/antibufala/perche_si_fa_guerra.htm
I punti salienti della rettifica sono questi. “Ho appreso che la presentazione da me creata contiene parecchi errori, anche gravi, che stanno causando un danno di immagine al Politecnico di Milano, ad un suo docente ed ai soggetti che ho erroneamente menzionato nel file, a cui vanno le mie scuse” spiega lo studente, che ha richiesto l'anonimato. “questo file non è in alcun modo uno studio del Politecnico [..] la presentazione, che avevo creato per un ristretto gruppo di amici, non voleva in alcun modo essere un atto diffamatorio nei confronti dei soggetti relativamente ai quali ho detto cose non vere.”
Lo studente prosegue chiarendo alcuni degli errori più vistosi: “nessuna delle compagnie petrolifere è di proprietà statale americana [...] in particolare non lo sono la Tamoil, la Shell e la Esso, da me esplicitamente menzionate [...] in Venezuela non operano compagnie petrolifere straniere da quando, 26 anni fa, la gestione dell'estrazione del greggio è stata nazionalizzata [...] L'organizzazione umanitaria Emergency, di cui invitavo a sottoscrivere l'appello contro la guerra, non ha avuto alcun ruolo nella vicenda della creazione e della diffusione del file.”
Insomma, sul fatto che i dati siano palesemente errati non ci piove. Resta il dubbio che possa essere vero il ragionamento di fondo dell'appello, ossia che la Guerra del Golfo sarebbe stata pagata da “noi”, dove non è chiaro se “noi” significa “noi consumatori europei” o “noi consumatori (compresi quelli americani)”.
Un sito Web, Tempi.it, ha analizzato questo appello in un documentato articolo di Rodolfo Casadei (http://www.tempi.it/archivio/articolo.php3?art=4893), che osserva in proposito che “viene da chiedersi perché sauditi e yankees abbiano voluto liberare il Kuwait, se col petrolio a 42 dollari ci guadagnavano tanto” e che “all’impennata del prezzo del greggio nel ’91 seguirono tre anni di depressione economica: se il fisco americano ci aveva guadagnato qualcosa nei 6 mesi di prezzi alle stelle, ci ha sicuramente rimesso di più negli anni seguenti per la flessione del Pil.”
Difficile, dunque, sostenere anche il ragionamento proposto dall'appello. Visto però che ci sono quelli che vogliono solo sentire ciò che soddisfa i loro preconcetti, anche se è falso, per questa indagine mi sono beccato del “servo dei servi” e compagnia bella. Non preoccupatevi, non mi scaldo per gli insulti degli incapaci. Incapaci di leggere la premessa che avevo scritto nella pagina Web proprio per scoraggiare questo tipo di reazione, e che mi permetto di ripetere qui: “Questa non è un'indagine pro o contro l'intervento militare in Iraq. Intende semplicemente valutare quanto sia corretta una serie di affermazioni che circola in Rete con l'apparenza di provenire da fonti autorevoli. L'esattezza o meno di queste affermazioni non ha nulla a che vedere con le mie e vostre opinioni sugli aspetti militari descritti nell'appello. La disinformazione è un danno sempre e comunque.”
Ma si vede che a certa gente la verità e la correttezza dei dati non interessano. Pronta ad accusare governi e politici di manipolare ad arte le notizie e di diffondere dati falsi, non esita però ad abbassarsi ad usare le stesse squallide tattiche, purché servano ai propri interessi. Che pena. Spero che la pace sia difesa più concretamente da gente con un briciolo di onestà intellettuale in più.
Immaginate un archivio di dati che cresce al ritmo di un terabyte al giorno. Per chi non ha dimestichezza coi prefissi, “tera” sta per mille miliardi. Significa che quell'archivio riempirebbe un disco rigido da cento giga ogni due ore, o se preferite un CD al minuto. Chi genera queste quantità impressionanti di dati è lo SLAC (http://www.slac.stanford.edu) di Stanford, dove i fisici delle particelle studiano i componenti fondamentali della materia. Secondo Harvey Newman, professore di fisica al Caltech, gli ultimi esperimenti ad alta energia già devono gestire dati dell'ordine dei petabyte (un milione di miliardi di byte) e si prevede che nei prossimi dieci anni questa cifra aumenti di altre mille volte.
Tutto questo fa sembrare veramente misero il vostro nuovissimo PC? C'è di peggio: anche la vostra connessione a Internet fa schifo, qualunque essa sia, in confronto a quella offerta dai nuovi record di trasmissione offerti dall'Internet prossima ventura, denominata Internet2 (http://www.internet2.edu). Il nuovo record di velocità, raggiunto il 6 marzo 2003 con la partecipazione appunto dello SLAC, è di 923 megabit al secondo, pari a quattro ore di film in DVD in meno di un minuto, fra Sunnyvale (USA) ed Amsterdam.
Quattro ore di DVD in meno di un minuto? Aspettate che lo sappiano quelli dell'antipirateria...
Che cosa succederà al Web quando lo strumento di accesso principale non sarà più il PC, ma il cellulare? Cifre alla mano, ormai manca poco. Meglio prepararsi per tempo. L'abbinamento del Sony P800 con il browser Opera promette rivoluzioni in Rete. Ho scritto un articoletto in proposito per Apogeonline, lo trovate qui:
http://www.apogeonline.com/webzine/2003/03/04/01/200303040101
Ciao da Paolo.
Sembra purtroppo scivolato nel dimenticatoio il caso di Amina Lawal, la donna nigeriana condannata alla lapidazione come in precedenza era capitato a Safiya Hussaini. Mi ero permesso cinicamente di commentare che la prima Safiya vende (copie di giornali), la seconda stufa, e purtroppo ci ho azzeccato. La maggior parte dei media sta trascurando il suo caso, e soltanto pochi siti Web dedicati ai diritti umani se ne occupano.
Sul caso di Amina circola una catena di sant'Antonio che invita a sottoscrivere un appello di Amnesty International: a parte i suoi dettagli truculenti e discutibili (“Manca solo un mese e poi la nuova vincitrice nigeriana del concorso "sforna un bambino e muori con la testa sfasciata" verrà dovutamente lapidata. L'altra notte ho visto come lapidano la gente secondo la Sharia” eccetera) l'invito, una volta tanto, non è affatto una bufala, dato che presso il sito italiano di Amnesty citato nella catena
http://www.amnesty.it/primopiano/nigeria/nigeria.php3
c'è un dossier sul caso di Amina, che include un appello da sottoscrivere e inviare (presumibilmente via e-mail) al presidente nigeriano Obasanjo. L'appello di Amnesty, al momento in cui scrivo, ha raccolto circa 270.000 adesioni.
Ho sempre molti dubbi sull'efficacia degli appelli inviati via e-mail (una lettera scritta è psicologicamente molto più tangibile), ma vista la posta in gioco, non mi sento di invitare a bloccare questa catena di sant'Antonio. Considerato inoltre il disinteresse dei media ufficiali, l'unico modo di informare il pubblico di questa terribile situazione è la Rete.
Se decidete pertanto di diffondere l'appello, consiglio di aggiungervi una precisazione importante: la data di scadenza, in modo che non circoli in eterno, e magari il riferimento ad alcuni dei siti che si occupano del caso di Amina che cito qui sotto.
Infatti è previsto un aggiornamento a breve: secondo quanto riportato dal sito Amnistiaporsafiya.org e dal sito inglese di Amnesty International
http://web.amnesty.org/web/content.nsf/pages/gbr_nigeria
il 25 marzo 2003 si terrà l'udienza di ricorso contro la condanna di Amina alla lapidazione (ringrazio ezio.f***o per la segnalazione). La catena attuale, invece, parla genericamente di “solo trenta giorni di tempo”, senza dare date precise. Il che significa, ovviamente, che anche fra un mese o fra un anno ci saranno sempre “solo trenta giorni di tempo”, rendendo quindi inutilmente eterna questa catena.
Se vi saranno aggiornamenti al caso di Amina, li troverete sicuramente segnalati sul sito di Amnesty International, sul sito antibufala Snopes.com
http://www.snopes.com/inboxer/petition/amina.htm
che vi invito a visitare (è in inglese) perché spiega le differenze fra il caso di Amina e quello di Safiya (Safiya fu salvata grazie al cavillo che l'”adulterio” era avvenuto prima dell'entrata in vigore della Sharia) e i motivi per cui l'appello al presidente Obasanjo difficilmente avrà effetto (Obasanjo, cristiano, è contrario alla sentenza, ma in pratica non ha poteri che gli consentano di interferire nella decisione, a causa del sistema federale sul quale è basata la Nigeria, musulmana al nord e cristiana al sud).
Naturalmente, nei limiti delle mie scarse risorse, terrò aggiornata anche la mia pagina antibufala:
http://www.attivissimo.net/antibufala/amina_lawal.htm
Ciao da Paolo.
Sembra esserci un boom di catene di sant'Antonio riguardanti i prezzi di benzina e petrolio; sarà l'effetto Iraq. La bufala di oggi riguarda in particolare un appello che dichiara di provenire dalla Francia. “Siamo venuti a sapere di un'azione comune per esercitare il nostro potere nei confronti delle compagnie petrolifere: semplice e geniale! “ inizia l'appello.
“I petrolieri e l'OPEC ci hanno condizionati a credere che un prezzo che varia tra 0,95 e 1 euro al litro sia un buon prezzo, ma noi possiamo far loro scoprire che il prezzo conveniente è la metà.... La proposta è che, da qui alla fine dell'anno, non si compri più benzina delle due più grosse compagnie, SHELL e ESSO, che peraltro ormai formano una compagnia soltanto. Se non venderanno più benzina, saranno obbligate a calare i prezzi. Se queste due compagnie calano i prezzi, le altre dovranno per forza adeguarsi.”
L'appello si conclude con due perle di prima grandezza: “Inviate dunque questo messaggio a dieci persone, chiedendo loro di fare altrettanto. Abbiamo calcolato che, se tutti sono abbastanza veloci nell'agire, potremmo sensibilizzare circa 300 milioni di persone in otto giorni.”. Più che “sensibilizzare”, direi “spammare”, dato che l'idea di diffondere trecento milioni di messaggi inutili è proprio tipica dello spamming più abietto. “E' certo che, ad agire così, non abbiamo niente da perdere, non vi pare ?!” Certo, niente da perdere se non la faccia.
Il progetto proposto dall'appello, infatti, non sta in piedi. L'appello dichiara di ambire a dimezzare il prezzo della benzina (“noi possiamo far loro scoprire che il prezzo conveniente è la metà”), ma si scontra con un piccolo particolare: perlomeno in Italia e in gran parte dei paesi europei, il prezzo della benzina alla pompa è costituito per oltre la metà da tasse. Di queste tasse non va nulla in tasca a “petrolieri e OPEC”. Va tutto al fisco.
Per la precisione, in Italia il prezzo della benzina è composto da prezzo industriale (quello che va ai produttori), accisa e IVA al 20% (che vanno al fisco). Secondo dati di febbraio 2003, citati da Il Nuovo del 5 febbraio 2003 (http://www.ilnuovo.it/nuovo/foglia/0,1007,169190,00.html) e confermati da altri siti come http://www.tecnici.it/indici/default.asp?nam=benzina, che dichiara “dati forniti dal Ministero dell'Industria”, quasi tre quarti di quello che si paga al distributore va al Fisco.
Per dirla con Il Nuovo, i prezzi finali dei carburanti “sono infatti la risultante del prezzo industriale a cui va aggiunta l'accisa e l'Iva al 20% applicata sul totale delle prime due voci. Dunque, degli 1,095 euro che arriva a costare agli automobilisti un litro di verde, solo 0,371 euro circa sono legati all'effettivo costo del carburante. La parte rimanente, pari a 0,724 euro, è invece costituita da tasse (0,542 euro il peso dell'accisa e 0,1825 quello del'Iva)”.
In altre parole, i produttori possono decidere di ridurre quei 37 eurocent al litro; sulle altre voci non hanno modo di intervenire. Supponiamo, giusto per ridere, che in un impeto di mirabile generosità, magari scossi da questo appello, i produttori decidano di lavorare gratis (e come loro i loro dipendenti e i benzinai) e rinuncino completamente alla loro quota, regalando benzina. La benzina scenderebbe da 109,5 eurocent a 72,4 eurocent (ossia da 2120 a 1400 vecchie lire), ma di certo non si dimezzerebbe come promette l'appello.
E' comprensibilmente difficile che i produttori di petrolio decidano di rinunciare a tutti i loro ricavi: diventerebbe un tantinello difficile pagare gli stipendi ai loro dipendenti. Ma chissà, magari un appello del genere potrebbe perlomeno indurli a ridurre la loro quota di ricavi.
Può darsi. Ma l'effetto della riduzione dei ricavi sul prezzo della benzina sarebbe modesto. Per esempio, supponiamo che le società petrolifere, messe sotto pressione dalla campagna promossa dall'appello, riducano del 20% i propri ricavi. Sarebbe un risultato industrialmente ragguardevole, dato che come qualsiasi azienda, le società petrolifere hanno alcuni costi di produzione non comprimibili: stipendi e tasse, ammortamento degli impianti, materie prime e materiali di consumo, eccetera.
Ho fatto due conti, e persino in un caso così improbabile, la riduzione alla pompa ammonterebbe in totale a 9,5 eurocent. In altre parole, quand'anche le società riducessero miracolosamente del 20% i propri ricavi (sottolineo ricavi, non guadagni) senza schiattare, la benzina calerebbe soltanto di 180 lire al litro. Meno del dieci per cento.
Insomma, questi appelli al boicottaggio selettivo dei distributori di benzina sono rivolti al bersaglio sbagliato. E' il fisco, non l'OPEC, che si mangia i tre quarti di quello che paghiamo alla pompa. Ma col fisco non si può discutere e non si possono fare boicottaggi, per cui questi appelli si sfogano prendendosela con chi invece c'entra poco: la classica sindrome del “se la moglie ti rimprovera, dai un calcio al cane”. Non andare a far benzina presso una catena di distributori e farla invece in un'altra, naturalmente, per il fisco non fa nessunissima differenza.
In realtà il modo per ridurre subito la spesa affrontata al distributore c'è, e non richiede catene di sant'Antonio o improbabili boicottaggi. Basta guidare un po' più piano e meno nervosamente, magari rispettando i limiti di velocità cittadini, visto che il ciclo urbano di continue brusche accelerazioni e brusche frenate è quello che fa schizzare verso l'alto i consumi. Rispettare i limiti di velocità, inoltre, avrebbe anche il non trascurabile effetto collaterale di ridurre il numero impressionante di morti per incidenti stradali.
Novemila l'anno, in Italia. Pensateci.
L'indagine antibufala completa è a vostra disposizione presso
http://www.attivissimo.net/antibufala/caro_benzina_idea_francese.htm
La prossima versione di Office consentirà di cifrare con una semplice cliccata e-mail, spreadsheet e documenti, consentendone stampa e lettura soltanto agli utenti autorizzati. Rivoluzione nella tutela della riservatezza o tattica per creare ulteriore dipendenza negli utenti? Ho scritto un'analisi in proposito, la trovate qui:
http://www.apogeonline.com/webzine/2003/03/11/01/200303110101
Visto che alcuni lettori particolarmente amanti dell'orrido si sono lamentati che la mia webcam è spenta da mesi, l'ho riaccesa alla fine di una soffertissima installazione di un nuovo PC sul quale coabitano Windows XP e Linux. Un giorno vi racconterò cosa mi è capitato, ma devo aspettare che mi passino i travasi di bile causati, stranamente, più da XP (che pure era preinstallato e avrebbe dovuto funzionare subito) che da Linux.
Se volete inquietarvi, la webcam è disponibile (in orari di lavoro e ogni tanto anche di notte) qui:
http://members.xoom.virgilio.it/attivissimo/webcam.htm
Grazie a tutti coloro che mi hanno inviato la scansione della recensione del Servizio Antibufala sul Venerdì di Repubblica!
Il 10/3/2003 ho ricevuto dal professor Rodolfo Soncini Sessa, del Politecnico di Milano, una sua nota di chiarimento. Il professore mi ha chiesto di pubblicarla, e così ho fatto. La trovate qui:
http://www.attivissimo.net/antibufala/perche_si_fa_guerra2.htm
L'indagine completa è invece qui:
http://www.attivissimo.net/antibufala/perche_si_fa_guerra.htm
Ciao da Paolo.
Grazie alla mente matematica di glucrezi, ben più sveglia della mia, devo segnalarvi un errore nei conticini della newsletter scorsa a proposito dell'appello a boicottare Shell e Esso per "dimezzare il prezzo della benzina”.
Infatti nell'ipotesi che avevo fatto, giusto per ridere, che i produttori rinuncino completamente alla loro quota del prezzo della benzina, ho scritto che “la benzina scenderebbe da 109,5 eurocent a 72,4 eurocent (ossia da 2120 a 1400 vecchie lire)”. In realtà scenderebbe da 109,5 eurocent a 65 eurocent (ossia da 2120 a 1260 vecchie lire). Mi scuso dell'errore. Resta valido comunque il ragionamento: persino in questo caso estremo (e impossibile), il prezzo non si dimezzerebbe come promette l'appello.
L'indagine completa, corretta e aggiornata è qui:
http://www.attivissimo.net/antibufala/caro_benzina_idea_francese.htm
Molti lettori mi hanno chiesto chiarimenti su un'altra iniziativa di boicottaggio riguardante la benzina, quella promossa da Greenpeace contro Esso (Exxon). Dico subito che assolutamente non è una bufala ed ha tutt'altro significato e spessore rispetto alla catena di sant'Antonio che propone di boicottare Esso e Shell per arrivare a prezzi più bassi che ho recentemente descritto presso
http://www.attivissimo.net/antibufala/caro_benzina_idea_francese.htm
Faccio questa precisazione per evitare eventuali confusioni fra le due iniziative: non vorrei che qualcuno, leggendo una riga sì e una no della mia indagine antibufala, pensasse che tutte le forme di boicottaggio che girano intorno al petrolio siano bufale (e magari che io sono al soldo delle compagnie petrolifere; capita anche questo).
La differenza fondamentale e abissale fra l'appello di Greenpeace e la bufala del "boicotta Esso e Shell per dimezzare il prezzo della benzina" è nelle motivazioni e nell'efficacia: mentre la bufala ha un obiettivo egoista e oltretutto impossibile per motivi fiscali (si vuole pagare meno la benzina soltanto per essere liberi di rombare con il macchinone, ed è il Fisco il principale responsabile del prezzo del carburante), l'invito al boicottaggio della Esso fatto da Greenpeace ha una motivazione etica ed ha ottime possibilità di riuscita. E' una forma pacifica di protesta, presente in numerosi paesi.
Come trovate descritto sul sito italiano di Greenpeace presso
http://www.greenpeace.it/stopesso
l'iniziativa di Greenpeace è una "azione responsabile e nonviolenta... per esprimere efficacemente dal basso la volontà della stragrande maggioranza della popolazione". L'invito è a fare "un gesto concreto contro la guerra - non finanziare chi le dà energia". Secondo Greenpeace, infatti, Exxon sarebbe, fra le compagnie petrolifere, la maggiore beneficiaria dell'intera operazione militare in Iraq. Un'ipotesi assai plausibile, dato che Exxon è la maggiore compagnia petrolifera del mondo; trovate tutta la documentazione sul sito di Greenpeace.
Oltre ad avere un contenuto moralmente assai più difendibile, questa forma di boicottaggio è efficace, diversamente da quella mirata soltanto a far calare il prezzo alla pompa. Infatti come spiegato presso Clarence.com
http://www.clarence.com/staff/mao/archives/001050.html
"secondo un recente sondaggio dell'agenzia Mori, nell'arco di un anno, il numero degli inglesi che hanno dichiarato di rifornirsi periodicamente nelle stazioni Esso è sceso di un quarto e circa un milione di guidatori hanno deciso di boicottare la compagnia per la sua politica in merito ai cambiamenti climatici. Dalla ricerca emerge che, alla domanda su dove si riforniscono regolarmente di carburanti, nel 2001 il 26% aveva risposto Esso contro il 19% dell'ultimo sondaggio."
In altre parole, questo tipo di iniziativa funziona: il consumatore accorto può davvero influenzare il modo di operare delle società petrolifere, punendo quelle eticamente scorrette e premiando quelle che prestano ascolto alle campagne contro l'inquinamento, per esempio. Cito sempre da Clarence: "Che una politica più attenta alle esigenze di tutela ambientale sia oramai una strategia anche per il mercato, è dimostrato dal dato, rilevato dalla stessa agenzia, che la British Petroleum, che al contrario ha deciso di non disconoscere le proprie responsabilità sui cambiamenti climatici e sta investendo molte risorse nella ricerca su fonti rinnovabili, è passata da 18% al 21% nelle preferenze dei guidatori."
Per farla breve: la campagna promossa da Greenpeace non ha niente a che vedere con la bufala che ho descritto, e non è assolutamente una perdita di tempo.
Come al solito, anche stavolta la distribuzione incontrollata degli
appelli più squinternati fa "vittime" innocenti. Ricevo infatti da un
professore dell'Università di Pisa la richiesta di segnalare che
un'altra bufala sul boicottaggio per ridurre il prezzo alla pompa,
quella descritta presso
http://www.attivissimo.net/antibufala/caro_benzina.htm
circola anche in una
versione accompagnata in calce dal suo nome, cognome, indirizzo del luogo di lavoro, numeri di
telefono, ed indirizzo e-mail, in maniera tale che ne sembra
l'autore, cosa assolutamente falsa.
Non è un fenomeno nuovo: per esempio, l'appello-bufala per la povera Rachel che riceverebbe 32 cent per ogni copia dell'appello che mandate
http://www.attivissimo.net/antibufala/george_arlington.htm
ha visto coinvolti l'Istituto Superiore di Sanità e altri enti pubblici di prestigio, che si sono trovati ad essere involontari "firmatari" dell'appello, facendolo sembrare autentico.
In questo caso, il professore smentisce in maniera categorica di essere l'autore dell'invito al boicottaggio.
Il caso del professore è tipico delle conseguenze nefaste di chi, per varie ragioni, si ritrova ad avere il proprio nome associato a una bufala. Come racconta il professore stesso, "da diverse settimane mi arrivano ogni giorno decine di e-mail e telefonate con richieste di chiarimento, commenti di tutti i tipi, ed anche insulti. Ho quindi cercato di rispondere a tutti i messaggi che mi sono arrivati con delle smentite e richieste di interrompere la catena. Tuttavia, negli ultimi giorni la divulgazione di questo messaggio sembra invece aumentare esponenzialmente (forse anche grazie a questa firma, ritenuta da qualcuno "autorevole")."
Ma come sempre le sue risposte individuali e le sue smentite non bastano, per cui si è rivolto al Servizio Antibufala nella speranza che questo possa dare più visibilità alla reale situazione. Riporto pertanto integralmente il testo della sua smentita, e mantengo riservato il suo nome per non esporlo ulteriormente alla persecuzione derivante da questa bufala:
Oggetto: Bufala boicottaggio benzina
Da diverso tempo gira nella rete un messaggio a catena con una proposta di boicottaggio per ridurre il prezzo della benzina. Si tratta di una "bufala" in giro dal luglio 2002, come si puo' vedere, ad esempio, nel sito web http://www.attivissimo.net/antibufala/caro_benzina.htm
Ultimamente (cioè da circa fine gennaio) è stata immessa in rete una versione del messaggio originale con aggiunti in calce il nome, cognome, luogo di lavoro, recapiti telefonici ed e-mail di un professore dell'Università di Pisa, in maniera tale che ne sembrasse l'autore, cosa, ovviamente, del tutto falsa.
Qualora riceveste (o abbiate già ricevuto) tale messaggio, siete quindi vivamente pregati non solo di non continuare la catena ma anche, se possibile, di far pervenire questa smentita a più persone possibile che pensiate possano aver ricevuto il messaggio stesso. Grazie.
L'appello circola in varie lingue: Valentin Mikhaylin, uno studente di Kaluga, in Russia, ha la madre invalida. Fa tanto freddo, molta gente è già morta per il gelo, e anche lui sente la morte vicina. Così ha pensato di usare la connessione Internet della sua facoltà per chiedervi aiuto. Potreste mandargli coperte, sacchi a pelo, medicinali e cibo al suo indirizzo di casa? Anche i soldi vanno bene, anzi forse sono anche più pratici.
Come forse avrete sospettato, tutto fa pensare che si tratti di una truffa, per una serie di motivi descritti chiaramente da Hoaxbuster.com (http://www.hoaxbuster.com/hoaxliste/hoax.php?idArticle=6296, in francese).
Primo: questo appello è stato ricevuto da centinaia di migliaia di utenti della Rete, al punto di essere segnalato ripetutamente come “abusatore di Internet” nei newsgroup it.news.net-abuse e news.admin.net-abuse.sightings, specializzati nella segnalazione di questi comportamenti scorretti. Come fa uno studente disperatamente povero ad avere le risorse necessarie per un'invio di massa del genere, degno del più agguerrito degli spammer? Di certo non gli bastano la “connessione Internet gratuita” della facoltà dove studia e un normale programma di posta elettronica.
Secondo: come fa uno studente a procurarsi gli indirizzi delle centinaia di migliaia di utenti che hanno ricevuto il suo appello?
Terzo: l'appello, in numerose varianti, circola dal 1999. Valentin dice sempre che “ La morte è vicina anche a noi”, ma mi pare che sappia tenerla a distanza piuttosto benino.
Quarto: come mai nella versione del 1999 di questo appello Valentin Mikhaylin si presentava come un professore, anziché come uno studente?
Quinto: come mai c'è un appello (http://www.h-debate.com/listahad/26-11.htm) in cui un Valentin Mikhaylin, abitante allo stesso identico indirizzo, precisa che ha bisogno solo di “vestiti da uomo taglie L e XL” e “scarpe da uomo taglia 44-45”? Tutta gente fatta con lo stampino, a Kaluga? Le donne di Kaluga non patiscono il freddo? I bambini neppure?
Ovviamente si potrebbe tagliare la testa al toro andando a Kaluga a vedere chi abita all'indirizzo indicato: se qualcuno mi paga il viaggetto, lo faccio volentieri. Tuttavia, anche senza arrivare a questi estremi, gli indizi e le strane circostanze tecniche riguardanti la sua massiccia diffusione sembrano indicare più che chiaramente che l'appello è una truffa organizzata.
Esiste un fiorente mercato nero dei generi di prima necessità in Russia, e a qualcuno potrebbe essere venuta l'idea di far leva sul buon cuore della gente e indurla a mandare indumenti smessi e cibo, che poi verrebbero rivenduti. L'appello, oltretutto, suggerisce non troppo discretamente che è meglio mandare soldi.
Pertanto questo appello va considerato bufala, anzi truffa, fino a prova contraria. Perché rischiare? Dopotutto, se volete fare del bene agli abitanti di Kaluga, vi basta rivolgervi a organizzazioni più affidabili, come la Croce Rossa, piuttosto che a uno sconosciuto dai comportamenti assai sospetti.
L'indagine antibufala completa sul caso di Valentin è presso http://www.attivissimo.net/antibufala/valentin_russia.htm.
Ciao da Paolo.
La bufala dello "studio del Politecnico"
http://www.attivissimo.net/antibufala/perche_si_fa_guerra.htm
non smette di crescere ed evolversi, nonostante le ripetute rettifiche del suo malcapitato autore. Ricevo da un lettore di Madrid (josumezo) la segnalazione che la presentazione PowerPoint dello studente del Politecnico "è stata tradotta da qualche volontario senza nome (totalmente all'oscuro, suppongo, del pasticcio causato dal file in Italia) e ora sta facendo il giro dell'Internet spagnola (ne ho ricevute tre copie nell'arco della scorsa settimana). Un ulteriore esempio della confusione e disinformazione che può produrre una persona agendo innocentemente. Sicuramente ora migliaia di persone in Spagna lo stanno leggendo e ci credono." Lo stesso lettore ha poi scovato anche una traduzione francese della presentazione.
Ketty, di Emergency.it, mi segnala che la presentazione circola ora anche in inglese assai maccheronico: i "retroscena" dell'attacco diventano "backstages", per esempio, e gli svarioni di sintassi non si contano. L'anonimo traduttore non si sofferma neppure a chiedersi il senso di frasi come "the 7 sisters (Shell, Tamoil, Esso)": se sono sette, perché ce ne sono indicate solo tre? Mi ricorda tanto quel film che grazie a un traduttore più improvvisato della media conteneva la perla "Ti dico solo tre parole: ti amo". Insomma, perlomeno questa versione ha il pregio di essere divertente per le sue castronerie linguistiche.
Fa piacere, comunque, che se ne parli in giro per segnalarne l'inesattezza e per ribadire che l'autore non desidera più che circoli e ha pubblicato una rettifica. Se ne è parlato, per esempio, a Caterpillar (radio Rai) del 18/3/2003, di cui ho avuto il piacere di essere ospite telefonico. Speriamo che serva a qualcosa.
Insomma, come Frankenstein il file ha preso inarrestabilmente vita propria, e non c'è nulla che il suo creatore possa fare per riprenderne il controllo. Chissà se questo pasticcio servirà da monito ad altri aspiranti propagatori di appelli via Internet. Dubito seriamente. A proposito, qualcuno sa come si dice "bufala" in spagnolo?
Di questo appello, circolante almeno dal 14 marzo 2003 anche sotto forma di SMS, esistono numerose varianti, tutte accomunate dall'idea di accendere collettivamente tante fonti luminose di notte in modo che lo spettacolo sia immortalato da un'immagine satellitare.
Una, per esempio, dice laconicamente "PEACE IN ACTION - Stasera dalle 22 alle 24 accendere tutte le luci esterne. Il satellite filmerà questa iniziativa di pace. Passate il messaggio con ogni mezzo utile".
Una variante più prolissa offre maggiori dettagli: "Domenica 16 marzo tra le h20 e la mezzanotte, ora locale, accendiamo una luce, la piu visibile: una candela, una lampada, una lanterna, un fiflettore sulla finestra o nel balcone, o nello spazio del giardino. Contro una guerra programmata, decisa con totale disprezzo dell'opinione pubblica espressa nelle manifestazioni che riflettono le nostre convinzioni!!!" e promette "l'immagine di un pianeta illuminato" che "può trasmettersi come una breccia luminosa."
L'appello, nonostante i buoni propositi, è però una bufala, e per un motivo molto semplice: accendere le luci di notte non crea alcun effetto visibile da satellite, perché le città sono già illuminate di notte. Ci sono i lampioni, le luci delle insegne, i fanali delle auto... che differenza volete che faccia accendere qualche luce in più in casa o in giardino, a parte arricchire ancor più quei magnati del petrolio tanto criticati dall'appello, grazie al maggior consumo di energia elettrica?
Tanto per dare un termine di paragone, trovate un esempio di foto satellitare notturna su un sito Nasa (http://antwrp.gsfc.nasa.gov/apod/image/0011/earthlights2_dmsp_big.jpg): la foto mostra tutto il mondo ad alta risoluzione, ed è ottenuta componendo tante immagini riprese in momenti diversi. Se ci fossero più luci accese, non si noterebbe alcuna differenza: si avrebbe comunque la stessa densissima disposizione irregolare di chiazze luminose, e la foto non sarebbe più luminosa, perché l'obiettivo del satellite correggerebbe l'esposizione, proprio come fa qualsiasi macchina fotografica.
Il secondo problema di questo appello è che invita ad accendere le luci usando l'ora locale: ma siccome ci sono i fusi orari, non si potrà certo ottenere "l'immagine di un pianeta illuminato" promessa dall'appello. Quand'anche si potesse notare la differenza rispetto alla già accecante luce notturna emessa dalle città, si otterrebbe al massimo uno sfumato spicchio di mondo più illuminato, perché nell'emisfero in cui è notte le ore fra le 20 e mezzanotte indicate dall'appello arrivano in momenti diversi.
Il terzo problema è in un certo senso il più pernicioso: la mancanza di data. Nella versione breve, diffusa via e-mail e SMS, si dice semplicemente "stasera". Questo significa che l'appello sembra valido oggi, domani, dopodomani e fino al giorno del giudizio, e di conseguenza non ce ne libereremo mai. Ogni notte, da qualche parte nel mondo, ci sarà qualche anima ingenua che accende inutilmente le luci del giardino.
Anche la versione "lunga" dell'appello è lacunosa in fatto di data: parla di "domenica 16 marzo", senza specificare l'anno, per cui mi sa che ce la ritroveremo tra i piedi ogni anno, perché tanto nessuno farà caso al fatto che il 16 marzo quell'anno non cade di domenica, o al massimo penserà a un refuso.
Per farla breve: questa iniziativa è mossa da intenzioni lodevoli, ma è soltanto un totale spreco di tempo e soprattutto di energia.
A qualcuno può venire in mente di obiettare che un esperimento di luci notturne riprese da satellite è stato realizzato con successo proprio in Italia, su iniziativa di Radio Popolare a Milano, il 25 settembre 1999, riuscendo a creare una scritta "Milano fa male" fotografabile (e fotografata) da satellite. L'immagine è pubblicata presso http://www.radiopopolare.it/html/iniziative/milanofa.htm.
La differenza rispetto alla proposta dell'appello, però, è profonda. Innanzi tutto, l'esperimento di Radio Popolare ha radunato circa 8.000 persone, ciascuna dotata di torcia elettrica, in un punto preciso e buio, e le ha disposte in modo da formare una scritta. La mancanza di illuminazione nella zona del raduno (un parco) ha permesso di ottenere uno sfondo scuro su cui le lettere si stagliano ottimamente. L'appello-bufala, invece, chiede semplicemente di accendere luci disposte a casaccio in giro per il mondo e in zone già illuminate da altre fonti, e quindi non è assolutamente confrontabile.
Grazie a Odo, vitto.so, claudiomar*****ti e fedriga, che hanno contribuito a questa indagine. La pagina antibufala dedicata a questo appello è presso http://www.attivissimo.net/antibufala/candela_satellite.htm.
Ricordate l'appello per la povera Rachel che muore di leucemia e che si salva soltanto se diffondete il suo messaggio grazie alle donazioni di 32 cent di AOL e ZDNet? Ha subito una serie di terrificanti mutazioni, e ora ha ripreso a circolare soprattutto nella Rete italiana.
Il motivo della rinnovata diffusione è che le mutazioni sembrano garantirne l'autenticità: per esempio, ora l'appello è accompagnato da varie precisazioni, come "Prego far girare, è una cosa seria e non la solita cazzata. Grazie. Fabio Bottiglioni", oppure "Conosco personalmente il medico che sta facendo girare il messaggio. Grazie.[Rizzotti Lorena (UPA)]" e "mio figlio è un medico e conosce la vera situazione di chi scrive" e porta in calce, oltre al riferimento a una persona dell'Istituto Superiore di Sanità, l'indicazione "Dr Fabrizio Bianchi - 1° Ricercatore CNR - Sezione Epidemiologia - Istituto di Fisiologia Clinica - Consiglio Nazionale delle Ricerche - Area di Ricerca di San Cataldo - Via Moruzzi,1 - 56127 PISA (Italy)".
Ripeto, ribadisco e riconfermo, con il supporto di ZDNet e
dell'Istituto Superiore di Sanità: l'appello è una bufala. Non esiste
alcuna Rachel, né esiste una lotteria della vita in cui AOL e ZDNet
lascerebbero schiattare la povera Rachel se per caso non si raggiunge
la cifra sufficiente per l'operazione, né esiste alcun programma in
grado di seguire il percorso di un e-mail inoltrato da una persona
all'altra infinite volte. I nomi in calce all'appello, come sempre in
questi casi, non ne garantiscono in alcun modo l'autenticità: sono
semplicemente le "firme" automatiche (signature) che molti programmi
appongono automaticamente in calce ai messaggi spediti.
Ovvero come migrare legalmente una versione preinstallata di Windows da un computer a un altro. Ma come, per anni si è predicato che il Windows preinstallato nella maggior parte dei Pc non è legalmente trasferibile ad un altro computer! In realtà tutto dipende da cosa si intende per "altro computer". Qual è la sede dell'anima di un Pc? Ne parlo in questo articolo per Apogeonline:
http://www.apogeonline.com/webzine/2003/03/18/01/200303180101
Ciao da Paolo.
Alcuni lettori, dopo la mia prima indagine sull'appello "accendi le luci stasera che il satellite ti vede" (http://www.attivissimo.net/antibufala/candela_satellite.htm), mi hanno chiesto chiarimenti sull'iniziativa promossa dal sito MoveOn.org (http://www.moveon.org/vigil/), che ha promosso una fiaccolata simbolica per il 16 marzo 2003 in vari paesi del mondo (le fiaccolate organizzate in Italia sono elencate sul sito presso http://www.moveon.org/vigil/selectmtg.html?event_group_id=5&country=Italy&zip=&id=&distance=10&sort_type=size).
A prima vista sembra un'iniziativa uguale a quella promossa dall'appello-bufala, ma come capita spesso in questi casi, la bufala distorce e confonde la realtà, travolgendo chi invece promuove iniziative sensate. MoveOn.org organizza delle fiaccolate per la pace, anziché invitare pigramente ad accendere le luci come fa l'appello-bufala. MoveOn.org, inoltre, non ha lo scopo di farsi fotografare da un imprecisato satellite, ma semplicemente quello di raccogliere le persone in luoghi pubblici per una manifestazione pacifica che invochi appunto la pace.
Soprattutto, l'iniziativa di MoveOn.org indica chiaramente una data (il 16 marzo 2003, ma sono previste altre date), ed è supportata da un sito dal quale si possono avere gli aggiornamenti della situazione. Questo è un comportamento responsabile, lontano anni luce dal semplice e scriteriato passaparola delle catene di sant'Antonio.
Un lettore, che mi ha chiesto di essere identificato soltanto come "Ferdinando", ha ottenuto uno sconto di ben 275 euro per aver chiesto di far valere la clausola di rimborso presente nella licenza del Windows XP preinstallato che Toshiba gli imponeva di acquistare insieme al portatile. Il rimborso di Windows, dunque, si può fare anche con XP, e il risparmio è davvero notevole, anche se non è facile ottenerlo.
Il lettore racconta: "...mi sono recato al negozio Vobis di Crema (CR) per ordinare un notebook Toshiba Satellite 5200-801. Al momento dell'ordine ho fatto presente che alla consegna avrei chiesto il rispetto della clausola di Windows XP Home sul rimborso, poichè intendo installare sul notebook la distribuzione linux SuSE 8.1."
"Il negoziante mi ha detto che dovevo rivolgermi alla Toshiba, ma io, scusandomi perchè gli stavo incasinando la vita, gli ho fatto leggere la licenza stampata da internet. A questo punto lui ha contattato la sede (?) e mi ha detto che mi avrebbe fatto sapere, scusandosi e dicendomi che sa che 'la licenza di Windows XP prevede questo, ma che è la prima volta che capita e loro non sanno come fare'. Dopo poche ore mi ha telefonato e mi ha detto che avrei avuto un rimborso di circa 50 o 120 (!!) euro, che sarebbero stati stornati al momento della fattura. Lui però avrebbe dovuto staccare il famoso bollino dal fondo del notebook, in quanto 'la microsoft gli ha detto che è il bollino a fare testo sulla validità di una licenza o meno'."
L'agguerritissimo Ferdinando non ha tentennato. "Io mi sono opposto, dicendo che il bollino è pensato per rimanere incollato tenacemente e al tentativo di stacco avrebbe rovinato la carrozzeria del portatile. Lui ha ribadito che è obbligato a restituire il bollino alla Microsoft per avere a sua volta il rimborso e mi ha garantito che, in caso di danni, avrebbero ulteriormente abbassato il prezzo per 'danni estetici che non pregiudicano il funzionamento', ma io avrei dovuto firmare un foglio nel quale attesto che ho ricevuto il notebook perfettamente funzionante anche se graffiato sul fondo."
Dopo un ulteriore cordiale battibecco col rivenditore sulla possibilità di farsi rimborsare anche la licenza di Works Suite 2002 (anche quello acquistato obbligatoriamente insieme al computer), il lettore ha ottenuto "un rimborso di 50 euro per Windows XP, di 25 per Works e di altri 200 perchè il bollino ha rovinato la carrozzeria del portatile."
Ferdinando loda la correttezza e disponibilità del negoziante e di Toshiba e commenta che "è difficilissimo far valere i propri diritti. Io stesso, se non avessi trovato un negoziante gentile, avrei rinunciato a combattere per mancanza di tempo e perchè ad ogni telefonata salta fuori qualche novità che cambia le carte in tavola." Si tratta, soprattutto per il negoziante, di un gradevole rispetto della legge purtroppo poco diffuso, come testimonia il lettore: "due giorni prima di rivolgermi alla Vobis di Crema mi ero rivolto alla Vobis di Cassano d'Adda (MI), chiedendo la stessa cosa. Lì mi avevano detto che Toshiba NON rimborsa Windows e, alla mia obiezione 'ma la licenza Microsoft non c'entra con Toshiba', mi hanno risposto che non è obbligatorio seguire tutte le clausole... Al che me ne sono andato, chiedendo se potevo non seguire la clausola che proibisce la duplicazione, comprare un gioco da loro e poi venderlo masterizzato davanti alla loro sede... Ma mi hanno risposto (pensa un po') di no."
Farsi rimborsare Windows XP, insomma, si può anche in Italia. Ora
sapete dove. Non voglio fare pubblicità gratuita a marche e catene di
negozi, ma è anche giusto che chi aiuta il consumatore nell'esercizio
dei propri diritti (perché il rimborso di Windows preinstallato è un
diritto) sia segnalato per la sua onestà, così come viene additato chi
invece quei diritti li calpesta disinvoltamente.
L'intero dossier "storico" sul rimborso di Windows, con i nomi di bravi e cattivi, è qui:
http://www.attivissimo.net/rimborso_windows/istruzioni.htm
Sabato 12 aprile 2003 sarò a Pescara per un incontro, promosso dalla Provincia di Pescara, intitolato "Software libero: un'alternativa possibile!". Oltre a fare due chiacchiere mie personali sul tema, farò anche da sadico moderatore per i vari relatori, tutta gente interessante del mondo italiano del software libero. Ci sarà una sessione di domande e risposte senza peli sulla lingua, affiancata da dimostrazioni pratiche di cosa si può davvero fare con Linux, OpenOffice.org e altro ancora.
L'incontro si tiene nella Sala dei Marmi della Provincia di Pescara, ed è gratuito e aperto a tutti. Trovate tutti i dettagli, i nomi dei relatori e la scaletta delle cose interessanti da vedere presso questo indirizzo: http://80.205.166.50/meeting2003/html/gzeko/pagine.asp?menupag=Meeting&vocepag=Programma&sottovocepag=si.
Ci vediamo?
Ricevo da un caro amico di lunga data, Gabriele Gianini (autore del vero primo libro su Internet in Italia, "Nel Ciberspazio con Internet"), la traduzione di "bufala" in spagnolo che avevo chiesto nella newsletter precedente: è "bulo".
Ciao da Paolo.
**** Messaggio di (dis)servizio *****
Scusatemi se questo messaggio vi è già arrivato.
Se vi state chiedendo come mai non ricevete più la newsletter "Internet
per tutti" e le novità del Servizio Antibufala e il vostro indirizzo di
posta è su Libero/IOL/Inwind, il motivo è che Yahoo, tramite il quale
gestisco la newsletter, è stata oscurata (blacklisted) da
Libero/IOL/Inwind.
A quanto mi risulta, tutte le newsletter e i gruppi Yahoo hanno lo
stesso problema: tutte sono diventate improvvisamente inaccessibili
agli utenti Libero/IOL/Inwind.
Gli utenti che hanno un indirizzo di posta che finisce per @yahoo.com,
inoltre, pare non possano più inviare posta a utenti di questi tre
provider.
Ogni vostra conferma/smentita è preziosa: scrivetemi a topone@pobox.com.
Insieme a molti altri gestori di gruppi e newsletter Yahoo, mi sto
adoperando per indurre Libero/IOL/Inwind a riconsiderare la loro
decisione.
Nel frattempo vi sto mandando questo messaggio con un software di emergenza, per cui scusatemi se ricevete duplicati.
Appena ho novità, vi aggiorno.
Ciao da Paolo.
Come il messaggio precedente, anche questo vi arriva scavalcando Yahoo
Groups, che è inservibile per gli iscritti che sono utenti Libero, IOL,
Inwind e Blu.
Mi raccomando, niente panico: non è in atto alcun complotto
liberticida, come alcuni hanno insinuato. Semplicemente, Yahoo è finita
nella lista nera perchè è l'origine di troppi messaggi di spam, per cui
Libero si rifiuta di ricevere tutti i messaggi provenienti da Yahoo.
Oggi o domani esce su Apogeonline un mio articolo sul problema con
tutti i dettagli: consiglio per il momento di aspettare senza fare
drastiche rivoluzioni, la cosa potrebbeo sbloccarsi presto. Libero è
già abbondantemente al corrente del pasticcio, di cui non è l'unica
responsabile.
Per il momento ne parla già Punto Informatico:
http://punto-informatico.it/pi.asp?i=43526
Il problema è circoscritto, si fa per dire, ai gruppi (newsletter e
mailing list) di Yahoo. A differenza di quello che dicevo nel messaggio
precedente, gli utenti che hanno un indirizzo yahoo.com sembrano essere
in grado di scambiare messaggi con quelli di Libero eccetera.
Per il momento la mia newsletter va avanti con tecniche di emergenza,
per cui qualche disservizio è inevitabile. Nella speranza di contenere
i danni, ho reintrodotto la numerazione progressiva dei messaggi, così
sapete se per caso ne perdete qualcuno. In ogni caso, l'archivio
completo delle newsletter è presso http://www.attivissimo.net.
Grazie a tutti delle informazioni preziose che mi avete mandato.
Ciao da Paolo.
Come forse sapete, nei giorni scorsi c'è stato un gran pasticcio fra
Yahoo e Libero/IOL/Wind/Blu, per cui gli utenti di questi ultimi
quattro provider non potevano ricevere messaggi dalle mailing list
gestite tramite Yahoo, compresa quella che state leggendo.
Il problema dovrebbe essere stato risolto poche ore fa:, e ha a che
fare con lo spam (Yahoo è finito in una cosiddetta "blacklist" o "lista
nera"). Di certo non si tratta di attentati alla libertà, tentativi di
censura o altro dovuto alla guerra in Iraq. Tutta la situazione è
spiegata presso Punto Informatico:
http://punto-informatico.it/pi.asp?i=43526
e in un mio articolo per Apogeonline:
http://www.apogeonline.com/webzine/2003/03/25/01/200303250101
Ora, stando alle segnalazioni, il pasticcio è risolto e la posta da/per
Libero/IOL/Wind/Blu ha ricominciato a funzionare. Si può cominciare a
fare la conta dei feriti e dei dispersi, e qui mi serve la vostra
paziente collaborazione (per la quale ringrazio tutti coloro che mi
hanno mandato segnalazioni e suggerimenti preziosi).
Il risultato finale della crisi Yahoo/Libero è che millecinquecento di
voi, praticamente tutti quelli che hanno Libero/IOL/Wind/Blu come
indirizzo di posta, sono dati per dispersi: non ricevono più questa
newsletter, o se la ricevono, non è tramite Yahoo, ma tramite uno dei
sistemi di emergenza che ho usato in questi giorni.
Per risolvere il problema, ho rimosso dalla lista di Yahoo tutti gli
utenti che risultavano "in sospeso" e ho mandato loro a manina (con il
mio normale programma di posta, a blocchi di cento per volta) un avviso
che spiegava la situazione, chiedendo loro di reiscriversi. Se avete
ricevuto quell'avviso e non vi siete reiscritti, fatelo. Fatelo anche
se leggete questo messaggio, se non l'avete ricevuto tramite Yahoo
(come potete verificare guardando l'inizio del messaggio).
Nel frattempo ho dis-iscritto dal gruppo Yahoo gli stessi utenti.
Praticamente, li ho espulsi e poi ho chiesto loro di reiscriversi se
sono interessati. Questo ha anche il vantaggio di fare un po' di
pulizia degli indirizzi obsoleti o inutilizzati..
Se temete di aver perso qualche numero della newsletter,
l'archivio
completo delle newsletter è presso http://www.attivissimo.net.
Per il momento la mia newsletter va avanti in parte con tecniche di emergenza,
per cui qualche disservizio è inevitabile. In particolare:
-- nella speranza di contenere
i danni, ho reintrodotto la numerazione progressiva dei messaggi, così
sapete se per caso ne perdete qualcuno.
-- è possibile che riceviate i messaggi due volte. Per il momento non
avvisatemi: lasciate passare qualche giorno, poi se il problema
persiste ditemelo.
Ho preparato una rapida indagine antibufala su una catena di
sant'Antonio che vede coinvolti Dario Fo e Franca Rame: è autentica, e
ho delle informazioni che possono chiarire alcuni dubbi degli scettici.
Ormai le bufale dilagano, e quindi talvolta si dubita anche delle
iniziative autentiche. L'indagine è presso
http://www.attivissimo.net/antibufala/fo_rame_tv.htm
Sta circolando un appello composto da una serie di 48 o 49 domande e
risposte sugli USA e il conflitto con l'Iraq, che rivela alcuni dati
inquietanti sulla situazione. Peccato che i dati rivelati siano una
miscela di informazioni veritiere e cifre inventate di sana pianta.
Senza fonti, come si fa a distinguerle? Soprattutto, chi sono i "due
statunitensi impegnati a livello istituzionale nel loro paese" che
l'avrebbero redatta? L'indagine (non del tutto completa, visto il
numero di dichiarazioni da verificare) è qui:
http://www.attivissimo.net/antibufala/domande_iraq.htm
Oggi, 26/3/2003, era prevista l'udienza per decidere la sorte di Amina Lawal, condannata alla lapidazione in Nigeria. Il suo caso, simile al precedente di Safiya Husseini, è oggetto di un appello che circola su Internet e che è documentato dal Servizio Antibufala, insieme al resto della vicenda, presso
http://www.attivissimo.net/antibufala/amina_lawal.htm
Ora, come segnalato da un
fulmineo lettore (alex.rosse***), una notizia Ansa annuncia che il
processo è rinviato al 3 giugno 2003 per mancanza del numero legale dei
giudici (2 su 4). La notizia è confermata dalla BBC presso
http://news.bbc.co.uk/1/hi/world/africa/2884283.stm
L'appello legale di Amina è così rinviato a dopo le elezioni nigeriane di maggio. Non è stata data alcuna motivazione per l'assenza dei giudici, ma pare abbastanza ovvio che si tratti di un'assenza dettata da pressioni politiche: la sentenza, se emessa durante la campagna elettorale, avrebbe potuto scatenare le tensioni costanti fra le comunità musulmane e cristiane della Nigeria, che hanno già fatto migliaia di morti.
Tutto slitta dunque a
giugno. Secondo la BBC, se a giugno l'appello legale di Amina non ha
successo, può ancora ricorrere all'Alta Corte della capitale Abuja e
poi alla Corte Suprema federale.
Mi sono rotto. Scusatemi, ma il disastro combinato da Yahoo e Libero è
stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Già in passato Yahoo
mi aveva fatto perdere ore per un altro suo pasticcio, e sinceramente
sono stanco di dedicare week-end interi a rappezzare le porcherie
altrui.
Le reiscrizioni che vi avevo suggerito di fare sono in buona parte
fallite, segno che i problemi di Yahoo non sono affatto risolti come mi
si segnalava da più parti. Inoltre molti lettori mi segnalano che la
mia newsletter è classificata come spam dai filtri troppo restrittivi e
stupidi impostati dai loro provider o dal software antispam residente
sui loro PC.
A questo punto ho ancora 1300 utenti dispersi, molti dei quali sono
irraggiungibili perché i miei messaggi, anche se spediti a mano da un
normale account, tornano indietro respinti come spam. Ho la casella
piena di messaggi di utenti che non sanno cosa fare per riprendere a
ricevere la newsletter o che mi chiedono di cambiare manualmente
l'indirizzo a cui spedire la newsletter per aggirare il problema di
Yahoo. Mi ci vorranno settimane per rispondere a tutti.
In altre parole, la newsletter è cresciuta al punto da essere diventata
ingestibile con le mie misere forze. Per cui taglio la testa al toro e
chiudo la newsletter.
Ho pertanto disattivato definitivamente il gruppo Yahoo "Internetpertutti".
Niente panico! La newsletter continuerà ad essere pubblicata sul Web presso il mio sito (http://www.attivissimo.net), nel forum RAI (http://www.internetpertutti.rai.it) e presso vari siti, come ZeusNews.it,
con i quali collaboro da tempo. Per cui basta che teniate d'occhio
questi siti per sapere quando ci sono mie novità. Gli articoli per
Apogeonline.com (http://www.apogeonline.com) proseguiranno con regolare cadenza settimanale.
Se preferite essere avvisati via e-mail quando esce un numero della mia
newsletter, iscrivetevi al notiziario di ZeusNews.it: è gratis.
Riceverete un sunto dei vari articoli pubblicati dal sito, fra i quali
troverete i miei. In parole povere, la mia newsletter diventa parte
integrante di ZeusNews, così i problemi di gestione se li beccano loro
;-)
Spero in questo modo di dedicare più tempo a scrivere qualcosa che vi
piaccia leggere e perdere molto meno tempo nella gestione della
newsletter.
Il Servizio Antibufala continuerà a essere pubblicato sul mio sito http://www.attivissimo.net e io continuerò ad ampliarlo con le vostre segnalazioni, e resterò a vostra disposizione al solito indirizzo topone@pobox.com.
Grazie a tutti della pazienza e della collaborazione dimostrate fin qui.
Questo è l'ultimo messaggio che vi mando direttamente. Non riceverete altri promemoria! A presto!
Ciao da Paolo.
Pensavate di esservi sbarazzati di me? Non ancora. Sto tentando di far
proseguire la newsletter tramite un nuovo fornitore, Domeus.it. Se
leggete questo messaggio, vuol dire che siete già iscritti presso il
nuovo fornitore e che tutto procede bene.
Devo però precisare che per ora il servizio va considerato sperimentale
e in caso di problemi non escludo di fare una ulteriore migrazione.
Così è la vita.
Alcuni lettori, quando hanno saputo che avevo scelto Domeus.it (su
consiglio di altri lettori), mi hanno avvisato del pericolo di spam.
Stando a quanto mi hanno detto, non appena si sono iscritti a Domeus.it
sono stati bersagliati da e-mail pubblicitari.
Io sono utente Domeus.it (come semplice iscritto, non come moderatore)
da diversi mesi, e non mi pare di aver ricevuto spam da loro (ma potrei
sbagliarmi, vista la quantità che ricevo e puntualmente cancello).
Comunque vi chiedo di tenere d'occhio la situazione e avvisarmi se ci
sono problemi.
Ormai i tre quarti degli iscritti che risiedevano presso Yahoo è
migrata a Domeus, per cui la situazione della newsletter è quasi
tornata alla normalità. Per ringraziarvi della rapidità della
reiscrizione e dei tanti messaggi di incoraggiamento, vi faccio tre
anteprime sulle bufale di cui mi sto occupando in questi giorni.
La "rotonda magica": circola una foto di una rotatoria stradale
incredibilmente complicata, al punto che sembra un vortice impazzito di
automobili. Non è un fotomontaggio: la "rotonda magica" esiste, ed è in
Inghilterra.
Saddam e Rumsfeld fotografati insieme: ebbene sì, vent'anni fa Saddam
Hussein e Donald Rumsfeld erano amiconi. La cosa può sembrare strana,
ma in realtà fa parte del normale gioco della cosiddetta diplomazia:
l'amico di oggi è il nemico di ieri, e il nemico di oggi è l'amico di
ieri. Sessant'anni fa i tedeschi erano nemici, ora a Riccione il
tedesco è la seconda lingua grazie ai turisti. Putin e Bush si
telefonano e si fanno i complimenti più spesso di due fidanzatini, ma
fino a poco tempo fa si puntavano a vicenda i missili nucleari. Così
gira il mondo.
La pacifista Rachel schiacciata dalle ruspe israeliane. Purtroppo
l'episodio è autentico: la ragazza è effettivamente morta in questo
tragico modo. L'unica incognita è se si sia trattato di un omicidio
intenzionale o se il ruspista semplicemente non si è accorto che c'era
ancora qualcuno sdraiato davanti al veicolo. Maggiori dettagli man mano
che si sviluppa l'indagine.
Ciao da Paolo.
Ecco fatto. Ho appena finito di migrare tutti gli ex-iscritti alla
newsletter da Yahoo a Domeus.it. Bilancio delle perdite: circa 1200
iscritti. Grazie Yahoo, grazie Libero.
Dopo il terremoto, aspettatevi delle scosse di assestamento. Sta
succedendo un po' di tutto: molti di voi avranno ricevuto più di un
invito, oppure riceveranno più di una copia della newsletter, oppure
ricevono la newsletter e anche l'invito a iscriversi... un casino,
insomma.
Ora che ho finito il grosso della migrazione (che, ricordo, è ancora
_sperimentale_), posso cominciare il lavoro di fino. Se mi date una
mano, facciamo prima e io mi posso rimettere all'opera.
-- Se ricevete l'invito ma ricevete anche questo messaggio, non dovete fare nulla: ignorate il nuovo invito.
-- Se ricevete questo messaggio, la vostra iscrizione è a posto.
-- Se ricevete più di una copia di questo messaggio presso più di un
indirizzo, mandate la dis-iscrizione dagli indirizzi dove NON volete
ricevere la newsletter. La dis-iscrizione consiste in un messaggio
vuoto indirizzato a internetpertutti-unsubscribe@domeus.it.
-- Ricordate che l'invito è solo UN INVITO. Non siete iscritti
automaticamente. Per iscrivervi, dovete confermare l'invito seguendo le
istruzioni riportate nell'invito medesimo.
-- Se tutto questo vi ha mandato in crisi e non sapete come
districarvi, siete in buona compagnia. Scrivetemi e risolveremo insieme
il problema.
Come forse già sapete, sabato 12 aprile sono a Pescara per l'intera
giornata, a un incontro pubblico gratuito sul software libero
organizzato dalla Provincia di Pescara. C'è molta gente tosta che farà
varie presentazioni e hanno pensato, questi scellerati, di affidare a
me la moderazione... Dovrebbe essere una cosa interessante. Trovate i
dettagli presso
http://www.barbaroweb.com/meeting2003
(che è un indirizzo diverso da quello citato in una newsletter precedente).
Ciao da Paolo.
-- Antibufala: Amina Lawal, nuovo appello fasullo a metà
-- Conferenza a Pescara: registratevi!
-- Antibufala: la morte di Rachel Corrie
Sta iniziando a circolare un nuovo appello per Amina Lawal, il cui caso è già documentato dal Servizio Antibufala presso
http://www.attivissimo.net/antibufala/amina_lawal.htm
ALLA FINE HANNO APPROVATO LA LAPIDAZIONE DI AMINA |
L'appello sbaglia nel dire che l'esecuzione è posticipata "di due mesi per permetterle di allattare il suo bambino": il motivo è ben diverso. Come documentato presso
http://news.bbc.co.uk/1/hi/world/africa/2884283.stm
l'appello legale di Amina
è stato rinviato a dopo le elezioni nigeriane di maggio (l'allattamento non c'entra).
E l'esecuzione non è
affatto automatica come dice l'appello. Secondo la BBC, infatti, se a
giugno 2003 l'appello legale di Amina non ha successo, può ancora
ricorrere all'Alta Corte della capitale Abuja e poi alla Corte Suprema
federale.
E' invece esatto il riferimento alla pagina di Amnesty International (altre varianti dell'appello rimandano a pagine di Amnesty in altre lingue). Tuttavia è errata la frase "Sembra che per AMINA abbiano ricevuto pochissime firme", dato che l'ultima volta che ho controllato (28 marzo 2003) le "firme" erano oltre 392.000 sul sito italiano e ben 3.708.423 presso http://www.amnistiaporsafiya.org.
Nella newsletter precedente ho accennato alla mia apparizione mistica,
prevista a Pescara per il 12 aprile. Ho dimenticato di dirvi che se vi
interessa partecipare al Meeting 2003 sul software libero dovete
preregistrarvi presso
http://www.barbaroweb.com/meeting2003
Circola nell'Internet italiana una presentazione PowerPoint in italiano, secondo la quale che racconta che "Pochi giorni fa a Gaza, ha perso la vita una giovane pacifista, Rachel Corrie di soli 23 anni." Si era recata in Israele dove "partecipava ad azioni, per bloccare le ruspe israeliane, che cercavano di abbattere le case dei kamikaze e dei loro parenti, nei territori palestinesi."
Secondo l'appello, che cito riassuntivamente, "Il 15 Marzo in un’azione a Rafah nella striscia di Gaza, Rachel era con i suoi amici per cercare di opporsi alle demolizioni. 'Era seduta sulla traiettoria del Bulldozer, il conducente l’ha vista, ha proseguito e le è passato sopra' ha dichiarato Joseph Smith, militante pacifista americano...'la ruspa le ha versato sopra la terra e poi si è messa a schiacciarla' ha aggiunto Nicholas Dure, un’altro suo compagno."
La descrizione è accompagnata da alcune fotografie impressionanti che documentano l'accaduto. "I compagni hanno cercato in tutti i modi prima di fermare la ruspa, e poi di prestare i soccorsi, ma non c’è stato niente da fare...Le autorità israeliane hanno dato diverse versioni dell’accaduto tutte smentite dalle documentazioni fotografiche e dai testimoni. La giovane è stata uccisa a sangue freddo in modo barbaro, mentre si interponeva in modo pacifico."
"Questa presentazione" prosegue l'appello "vuole essere una testimonianza per non dimenticare Rachel, una giovane pacifista, che con il suo coraggio voleva fermare le ingiustizie che ogni giorno si verificano in Palestina. In questi giorni e in questi mesi si sta muovendo contro la guerra, il più grande movimento pacifista che la storia abbia mai conosciuto, Rachel Corrie è sicuramente un simbolo di questo movimento ed è stata uccisa dalla logica assurda e brutale della guerra che tutti noi pacifisti cerchiamo di fermare. Ti chiedo di far circolare questa presentazione per far conoscere il caso di questa giovane ragazza, un po’ della sua storia e del suo impegno."
L'appello è "firmato" nell'ultima schermata da "Stefano Costa (Verdi Milano) - xawcos@tin.it".
Vorrei tanto potervi dire che è una bufala, ma purtroppo non posso.
La notizia della morte di Rachel Corrie è stata riportata da
numerosissimi siti di informazione, come CNN (http://www.cnn.com/2003/WORLD/meast/03/16/rafah.death/index.html), BBC (http://news.bbc.co.uk/1/hi/world/middle_east/2855263.stm) e Rainews24 (http://www.rainews24.it/Notizia.asp?NewsID=34059).
Vi sono tuttavia varie versioni degli eventi, che lasciano il dubbio che il conducente della ruspa non si sia accorto della presenza della ragazza. Le foto presentate in sequenza nell'appello e presso vari siti (compresa CNN) sono infatti ingannevoli: fra l'immagine in cui Rachel è mostrata in piedi, con un megafono in mano e chiaramente visibile al conducente, e la foto in cui la si vede riversa a terra, soccorsa dai suoi compagni, è trascorsa almeno un'ora.
Infatti secondo le testimonianze dei suoi stessi compagni, in particolare quella di Joseph Smith (http://electronicintifada.net/v2/article1284.shtml),
la prima foto è stata scattata fra le 14 e le 15 del 16 marzo (non 15
marzo come indicato nell'appello), ma il bulldozer ha travolto Rachel
fra le 16:45 e le 17, quando "Rachel si è seduta lungo la traiettoria
del bulldozer" e non aveva un megafono con il quale farsi sentire:
Essersi seduta può averla portata fuori dal campo visivo del
conducente. Tuttavia Smith precisa che era seduta "almeno 15 metri più
avanti del bulldozer", per cui se la stima della distanza è esatta è
presumibile che il conducente potesse vederla, e secondo Smith a un
certo punto Rachel era addirittura sopra il mucchio di terra spinto dal
bulldozer e ben visibile ai due operatori del bulldozer.
Rachel è stata travolta dal mezzo cingolato, che poi ha fatto
retromarcia passandole sopra, ed è morta in ospedale poche ore più
tardi.
Le foto presentate non possono dunque essere usate come prova
inequivocabile dell'esatta sequenza degli eventi, proprio perché fra
un'immagine e l'altra c'è tutta questa sequenza di eventi non
documentata (la cui versione completa è riportata nell'indagine antibufala, disponibile presso http://www.attivissimo.net/antibufala/rachel_corrie.htm. Di conseguenza, può essersi trattato di un tragico
incidente in cui gli operatori della ruspa non hanno visto Rachel,
oppure l'hanno vista troppo tardi e hanno commesso manovre sbagliate
dettate dal panico, oppure di un omicidio volontario. Solo quegli
operatori lo sanno per certo.
Ci sono molte altre considerazioni che andrebbero fatte di fronte alla
morte di una ragazza in circostanze come queste, ma sono considerazioni
personali che esulano dal mio compito di riferire sulle mie piccole
indagini, quindi le tengo per me.
Tramite Mirella De Paris, della Radio della Svizzera Italiana, il 27/3/2003 ho ricevuto da Stefano Costa questa conferma del suo ruolo di autore, che contiene alcune correzioni e precisazioni:
"Io ho semplicemente ricostruito in una presentazione di power point l'accaduto, volevo non passasse quasi nel silenzio un episodio così grave, che mi aveva molto scosso, mentre le mie forze erano tutte rivolte ad organizzare iniziative contro la guerra in Irak. Ho letto di quanto accaduto su internet, il 16 forse su repubblica.it o il nuovo.it. Le fonti di questo lavoro sono state delle agenzie stampa su internet, le foto fatte dai compagni di Rachel erano pubblicate sul sito del Corriere ma le ho riviste in questi giorni in altri siti, se vuoi trovare materiale lo trovi attraverso qualsiasi motore di ricerca scrivendo il nome di Rachel Corrie."
Stefano, il cui indirizzo di e-mail riportato nella presentazione è esatto, riferisce di aver diffuso anche una versione corretta della presentazione PowerPoint: "la data in cui è accaduto il triste episodio è il 16 marzo e non il 15, come da me descritto, avevo letto la prima agenzia il 16 e pensavo si riferisse al giorno prima. Poi nell'ultima dia ho tolto il riferimento al mio partito i Verdi dove sono responsabile a Milano. Perchè l'episodio non vorrei fosse letto come una strumentalizzazione politica."
Ciao da Paolo.
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